Lunedì 8 Ottobre l’Atlantico live di Roma apre la stagione con l’artista australiano Xavier Rudd, in Italia per il tour del suo ultimo album: Storm boy.
È un anonimo lunedì autunnale ma il richiamo dei suoni reggae e folk che caratterizzano la musica di Xavier Rudd sono un richiamo potente per una folla importante, variopinta e festaiola; folla che lo attendeva già da un po’ in Italia e non si è lasciata scappare l’occasione di ammirare il ragazzo selvaggio.
Xavier Rudd non entra in scena: appare.
Le luci sono spente ma tutti intuiscono che il momento è arrivato.
Sono in pochissimi ad accorgersi che Xavier facendo dell’oscurità una sua complice è già sul palco.
È un’esplosione di cori e cuori quando illuminato di blu l’artista si manifesta in tutta la sua disarmante semplicità. Vestito solo con una salopette, dei suoi tatuaggi e di tutti i suoi strumenti conferma a tutti che sarà una serata danzante, di unione e nella quale non ci si risparmierà.
Il live di Xavier è un ponte da percorrere, porta dall’Atlantico di Roma all’oceano Indiano, alle terre che bagna e nelle quali mano per mano con l’artista ci si perde fino a dissetarsi alle fonti della cultura aborigena.
Xavier non suona la chitarra: l’accarezza; come si farebbe con una bella donna o con un cucciolo. Sussurra alla sua armonica a bocca che viviamo in un magico pianeta, tuona con il didgeridoo che troppo spesso ci siamo dimenticati il legame con la natura e con i nostri simili.
Un’energia sincera illumina il palco, come il sorriso che non perde mai, si scusa con il pubblico per non sapere parlare italiano e poi sottolinea che la musica è, per fortuna, un linguaggio che non necessita di traduttori.
Per il classico rientro che non si fa troppo attendere, ritorna la formula già sperimentata del gioco di luci ed apparizione a sorpresa; solo che questa volta Xavier a conferma delle sua abilità da polistrumentista è dietro la batteria, mentre le luci creano un’alternanza tra lui ed immagini di un leone sullo sfondo.
Spirit bird è il brano di congedo e lo esegue in acustico, come fosse un rito con il quale salutare e benedire. Il pubblico ormai è fradicio, come solo una serata d’estate sa fare, accoglie estasiato il pezzo in mistico silenzio per poi accompagnare l’artista nei soli cori.
Più che un concerto è stata una passeggiata a piedi scalzi nella sua essenza, nei suoi luoghi, nel suo ancestrale legame con la natura, nelle sue speranze.
Le stesse condivise con tutti i partecipanti e che non possono far altro che disperdersi nelle strade di Roma, portandosi a casa il vero e proprio racconto di un viaggio.
di Federica Romani foto Davide Canali