Una musica piacevole che mette d’accordo un po’ tutti. Questo è il punto forte dei The Shalalalas, band romana ospite della nuova live session di Pop Up realizzata al Cafe Twin di Roma.
Chiamo Alex, il chitarrista, con il quale inizio una bella e intensa chiacchierata che, come spesso accade, finisce con stimolanti scambi di opinioni e racconti divertenti. Non era la prima live session per i The Shalalalas, ma sicuramente la prima nella nuova formazione a quattro. Emanuele Loffredi (basso) ed Emanuele Fragolini (batteria) si uniscono a Sara Cecchetto (voce, violino, tastiera) e Alex Hare (voce e chitarra). Sono stati fortemente voluti per la realizzazione del nuovo disco, “Boom“, che vedrà la luce a marzo e al quale seguirà un tour promozionale che, fino a giugno, li porterà in giro per l’Italia. Alex mi spiega quanto fossero essenziali basso e batteria per il nuovo disco, tutto elettronico, e per il momento la band consta di quattro elementi. Sostanzialmente il concetto base dei The Shalalalas rimane il duo Alex-Sara, batterista e bassista possono considerarsi come turnisti.
Quindi è la prima volta che girano una live session nella versione a quattro – Alex mi dice che ne hanno fatte altre per Balcony TV, Su Scannu Sessions, ecc. – e appena varcano la soglia del Cafe Twin si sentono subito a casa. Perché è a questo che punta l’officina sogno di ogni motociclista con animo retro. Di certo un luogo sui generis, ma Alex dice che è perfetto per loro, “un po’ in stile Lana Del Rey” (ride). Si riconoscono tanti elementi vintage, tra i quali spicca la Underwood, la macchina da scrivere usata da Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald.
Alex racconta di quanto si siano trovati da subito a proprio agio in quello splendido posto, come fossero gentili e disponibili i meccanici che assicuravano di cercare di fare il minor rumore possibile (uno di loro si intravede anche nel video).
Il bassista era il più felice di tutti, in quanto appassionato di moto, ed ha fatto mille domande su tutto. Ed è stato, in un certo senso, il vero protagonista della live session grazie al suo occhiolino fatto alla telecamera. “È stata una delle scene più divertenti – commenta Alex – perché Emanuele mi ha detto di essersi accorto di aver fatto la ‘cazzata’ di guardare in camera. E dopo un veloce ‘oddio, non si fa, e mo che faccio? Faccio l’occhiolino‘ ha deciso di ammiccare all’obiettivo“. In generale per i The Shalalalas è stato divertente anche scambiarsi i ruoli per il lancio della live session, con Alex in versione bluesman.
Perché “Hold me tight“? Volevano fare un video di questo inedito che ha una lunga coda strumentale con il violino dissonante. Per Alex e i ragazzi era un pezzo che doveva essere ascoltato e che soprattutto si prestava di più a una live session rispetto ad altri del disco che sono più “pieni” di elementi.
“Boom” ha una continuità con i precedenti, ma comunque costituisce un upgrade dei The Shalalalas.
Alex mi spiega che lui e Sara cominciavano a “soffrire” un po’ la dimensione a due, desideravano scrivere pezzi più ricchi. Il loro repertorio è costituito da brani che non superano i due minuti e mezzo: alto rischio di ripetitività se sei un duo e prolunghi la durata. Con l’inclusione di basso e batteria hanno potuto scrivere pezzi più classici, ma anche più ballabili. Hanno potuto allungarli a più di quattro minuti, riarrangiando anche i vecchi. Per il disco si sono ispirati ai The Pretenders e alle The Bangles per alcune tracce, altre invece sono più acustiche, come la ballad finale con i violini. Girare in quattro è più stimolante dice Alex, è vero che in due puoi più facilmente trovarti in situazioni di house concert o piccoli locali, però hai la possibilità di un concerto più corale.
E l’obiettivo dei The Shalalalas è quello di far divertire il pubblico, scopo insito anche nel loro nome: l’energia che si sprigiona in quattro è diversa. Per Alex il live è il momento migliore, una scarica di adrenalina intensa, anche se a volte ci metti un po’ a lasciarti andare. Mi dice anche che sono molto empatici con il pubblico e reagiscono in base a come questo si pone.
I The Shalalalas sono entrati a contatto con il mondo televisivo in due diverse occasioni. Un loro brano, “A week”, è stato scelto come sigla della fiction RAI “L’allieva” e sono stati finalisti a “Sarà Sanremo” nel 2017 con il brano “Difficile”.
La prima esperienza è accaduta per caso, sono stati contattati su Facebook dal regista della fiction RAI Luca Ribuoli e, increduli, hanno accettato la sua proposta. Che riguardava anche l’utilizzo di molti altri brani del loro repertorio, per un totale di 80 minuti di canzoni. “È stata un’esperienza iper positiva per noi, Luca ha creduto tanto nel nostro progetto e questa esperienza ci ha regalato un riscontro di pubblico enorme. Ci ha messi in contatto con una diversa tipologia di ascoltatori, con i quali spesso mi trovo anche più d’accordo. Perché giudicano solo la musica e non tutto il resto” ha detto Alex.
Ha anche dato una grande mano economica, che per un musicista che vorrebbe vivere della sua arte è un’ottima chance. “È grazie a ‘L’allieva‘ se abbiamo potuto realizzare il nostro ultimo disco” aggiunge Alex.
L’esperienza “Sanremo” è nata anch’essa per caso, da un suggerimento dell’ufficio stampa che consigliava di seguire l’onda di visibilità data da “L’allieva“. Non avendo pezzi in italiano, i The Shalalalas ne hanno preso uno (“Difficult“) e l’hanno letteralmente tradotto in italiano (“Difficile“). Hanno registrato il brano, girato il video in casa e mandato tutto un po’ per gioco. E quando hanno comunicato loro di essere tra i 60 finalisti, Alex mi dice che erano increduli. Nei 10 giorni dell’esperienza sanremese sono riusciti a rientrare anche tra i 12 finalisti – “nonostante il mio aspetto poco ‘televisivo’“, mi racconta divertito Alex. Questa esperienza è stata comunque significativa per i The Shalalalas. Perché ha fatto capire loro chi sono davvero e cosa vogliono: divertirsi cantando in inglese e in contesti meno formali. Poi, nel futuro, si vedrà.
Intanto guardate cos’hanno combinato per Pop Up – Live Sessions: