Di solito il tema di questo articolo è lo shoegaze nelle sue varie declinazioni. Shoegaze ma non solo, perché sono sensibile e amante di altri generi derivati e ispiratori.
Questo mese abbiamo un pò di cose sparse che meritano attenzione e qualche parola di apprezzamento.
Iniziamo con Departure, nuovo EP dei Life on Venus, ennesima band proveniente dalla Russia e precisamente da Mosca.
Ritmi cadenzati che ricordano per certi versi qualcosa dei Pale Saints e dei Low. What Lies Beneath, la prima traccia, viaggia su chitarre spaziali e voce soffocata, dando l’impressione di librarci nel cosmo senza riferimenti, in un vortice di stelle e nebulose.
Silver Screen ha piglio dark, come un pò tutto l’EP se vogliamo. Bel lavoro, pochi pezzi, ma ottimo materiale, i ragazzi moscoviti comunque si confermano una delle realtà più talentuose al momento.
Ora invece ce ne andiamo a Napoli che, a dispetto di una tradizione dialettale, sebbene pop e cantautoriale dura a morire, propone ogni tanto cose interessanti.
Apprezzatissima tutta la scena synth wave declinata dagli Ash Code e Gometric Vision per esempio.
In questo caso abbiamo un progetto fatto di strumenti tradizionali, basso-chitarra-batteria e influenze tra le piu disparate dallo shoegaze al post grunge con venature dark.
Primo EP per gli Hana Bi, che in tre pezzi neanche troppo brevi esaltano gusto per atmosfere languide, sognanti e oscure spingendo in deflagrazioni soniche con voce delicata e riverberata.
Labyrinth, prima traccia delle tre, che dà anche il titolo al lavoro, inquadra le influenze dei tre ragazzi partenopei e si muove tra echi di Cure, l’intro per esempio, Smashing Pumpkins e un certo quale gusto per il dream gaze.
Black Dream resta ancora sugli stessi stilemi, ma calca ancora più la mano sull’aspetto più dark wave. Starlight con i suoi sette minuti, forse un pò troppi, ha il sapore di una ballata delicata che sembra uscita da Wish per certi versi.
Funziona, funziona tutto perchè quello che gli Hana Bi ci mettono è il cuore e una buona perizia tecnica e padronanza dei mezzi.
Le ingenuità della prima prova ci sono, ci sono perchè manca, sebbene siano solo tre brani, il pezzo che spacca a mò di singolone. Attendo un album completo perchè le premesse ci sono. Seguiteli.
Per finire, ci facciamo un passaggio a Milano per qualcosa che poco c’entrerebbe con la mia rubrica, ma relativamente.
In passato ho trattato anche cose un pò distanti dallo shoegaze e derivati, per il solo piacere di segnalare buona musica.
Lo faccio anche adesso con Sempre più Lontani dei Kozminski, che hanno pubblicato un album di sei pezzi da qualche settimana.
I quattro ragazzi milanesi, che io conosco da un pezzo e seguo, sono artefici di un pop cantautoriale assolutamente curato e quadrato, cosa di questi tempi difficile da trovare in giro.
Nulla si concede a ruffianerie o a tematiche intellettuali sceme, anzi.
Si alternano invece rock solido con trame new wave un pò Denovo come in Respirare, pop piacevole come in Il Confine e Non ricordo niente, che ha chitarre raffinate imperniate su un arpeggio ostinato e piacevole.
Un lavoro che va ascoltato con attenzione sopratutto per i testi che hanno profondità e un uso dell’italiano (io, che che difficilmente lo apprezzo) che mi lascia buone sensazioni.