Dopo ben sei anni di assenza i Virginiana Miller tornano sulla scena musicale con il nuovo album The Unreal McCoy.
E questa è la bella notizia che tutti i fan storici del gruppo livornese aspettavano con ansia. Solo che a Simone Lenzi e soci non piace fare le cose facili, di quelle che accontentano tutti, vecchi fedelissimi e nuovo pubblico.
No.
I Virginiana te la fanno sudare la loro musica. Cambiano pelle, sonorità e storie narrate, ma non perdono mai il marchio di fabbrica che li contraddistingue.
Prima di continuare a leggere tenete a mente due cose.
La prima è che, se avete amato “La Verità sul Tennis” (come il sottoscritto), non aspettatevi nulla di simile.
Perché lo storico album del 2003, pietra miliare dei Virginiana che vantava la produzione artistica di Amerigo Verardi, la partecipazione di Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi dei Baustelle – che proprio in quell’anno si affermavamo con La moda del lento (ma ancora lontano dal successo ottenuto poi con La malavita) – , è ormai un ricordo.
La seconda è che, se siete tra quei puristi che affermano che un gruppo italiano deve cantare in italiano, questo disco non fa per voi. The Unreal McCoy è un album cantato completamente in inglese e in alcuni casi (Christmas 1933 e Albuquerque) le storie sono anche difficili da seguire.
Nel 2019 i Virginiana Miller tornano con una sorta di concept album che accompagna l’ascoltatore oltreoceano, a più di ottomila chilometri dall’Italia, in quella terra cantata da molti, dove si dice sia nato il rock’n’roll negli anni Cinquanta.
Il nuovo disco disegna in nove tracce un ritratto immaginario dell’America pensata e non vissuta. La cosa che sorprende di più, di tutto questa storia, è che l’album nel suo insieme suona compatto e attento alle sfumature musicali di tutte le storie narrate, rendendo l’America più vicina e reale.
Tutto l’esperimento dunque riesce bene: nei testi, nella pronuncia del cantato e nella parte strumentale. Ci sono delle chicche poi che, se non fossimo nell’epoca dei puristi di cui sopra, potrebbero diventare vere e proprie hit come The End of Innocence (la mia preferita), Toast the Asteroid che lo stesso singolo Lovesong.
Armatevi dunque di un buon dizionario, abbiate pazienza e provate a goderveli dal vivo nei live in programma dove, si spera, porteranno anche pezzi del loro vecchio repertorio.
The Unreal McCoy non è un disco facile ma non per questo meno bello degli altri.
Prossimi live: 13/04 Ex-cinema Aurora – Livorno 19/04 Glue - Firenze 04/05 Bloom Mezzago – Milano 18/05 Lumiere - Pisa 25/05 Monk- Roma