“Someday” è il nuovo lavoro discografico di Valerio Bruner, cantautore napoletano con il rock nelle vene.
Qualche giorno fa mi è arrivato a casa, via posta ordinaria, un compact disc. Una copia staffetta come si dice in editoria.
“Cosa c’è di strano?”, direte voi. È normale che un redattore riceva dischi in omaggio per poi scriverci una recensione o un articolo sulla webzine.
In realtà non funziona così. O meglio funzionava così fino a 5-10 anni fa. Adesso la musica si promuove e si ascolta in streaming o in digitale. Ogni settimana l’inbox di CSI Magazine si riempie di messaggi con link per il preascolto o con file Mp3.
La musica non viene più incisa sul solco di un disco o registrata su un disco ottico, non viene letta e ascoltata attraverso un laser.
Non credo di rivelare il segreto dell’acqua calda se scrivo che gli artisti indipendenti, soprattutto, non incidono più la loro musica su supporto fisico, ma immettono i loro brani solo sulle piattaforme streaming.
Quindi potete immaginare la sorpresa quando è arrivato il nuovo EP di Valerio Bruner, Someday, in un packaging cartonato e con tanto di saluti e dedica all’interno.
Ho conosciuto la musica di Valerio Bruner in un altro contesto: era uscito il suo secondo EP, La Belle Dame, e avevo capito che si trattava di un artista d’altri tempi.
Non so se questo possa essere preso come complimento o insulto, ma Valerio Bruner mi ricorda molto la canzone di Ligabue Non è tempo per noi, in cui il rocker di Correggio racconta questa vita “fuori tempo, fuori posto insomma sempre fuori dai”.
Insomma, Bruner (classe 1986) è, diciamolo, un personaggio che non c’entra nulla con la scena musicale italiana fatta di synth, comparsate, talent show.
Bruner è un artista che viene dalla scrittura e dal teatro e pian piano ha scoperto la sua passione per la musica e l’ha fatta sua.
Con tre EP all’attivo non può certo dirsi un musicista completo che ha già trovato la sua strada, ma con la sua attitudine e il suo stile ci fa capire che è così come appare.
Capelli lunghi e ricci, stivali di pelle e blue jeans che ricordano Jim Morrison, i dischi pieni di chitarre e in questo ultimo EP si sente addirittura un Hammond! (Quale artista pop sotto i 40 anni mette in un disco un organo Hammond nel 2021? Voglio i nomi.)
I testi riprendono la tradizione folk e blues nonostante spesso e volentieri siano adagiati su chitarre distorte e bassi potenti. Le storie cantate da Bruner parlano di amore, cuori spezzati, storie di vita intricate e personaggi curiosi e singolari.
In Someday Bruner gioca, più che nelle produzioni precedenti, a mescolare insieme la caratura poetica di Bruce Springsteen e quell’effetto bubblegum pop alla Ramones.
Questo disco breve (5 brani per neanche 20 minuti) fa perdere i punti cardinali all’ascoltatore, lo confonde per poi sparargli in faccia qualche cannonata, spesso romantica, veloce e diretta che stende.
Un po’ New York Dolls ma più pulito e meno gigione, un po’ Television ma meno ipnotico e cervellotico.
Nonostante Someday mi abbia ricordato questi artisti, non è un disco punk. Ma se consideriamo il punk come un certo tipo di sensibilità, un modo di atteggiarsi al mondo e andare controcorrente al di là delle etichette, Valerio Bruner è un vero punk rocker. Un giovane vecchio punk rocker sensibile e romantico.
Ah, la cosa bella dei dischi in formato fisico è che spesso contengono credits e ringraziamenti (cosa che non si trova spesso nei press kit digitali).
In questo caso leggo che in Someday hanno suonato insieme a Bruner: Antonio Castaldo, Mirko De Maio e Alessandro Liccardo. E l’intero lavoro è dedicato a “my Mom, your spirit leads me towards new and higher horizon” .