Sette canzoni in meno di trenta minuti. Sette perle della musica italiana che, a parte qualche eccezione, decisamente non ti aspetti.
È questo La Strana Famiglia, l’ultimo disco di cover degli Osaka Flu.
Grazie al ritmo incalzante e ad un paio di accorgimenti tecnici, gli Osaka Flu hanno fatto un buon lavoro. Le interpretazioni non sono per nulla banali e, per certi versi, distaccarsi molto dalle ritmiche originali ha fatto acquisire loro un’energia e un fascino a sé stanti ad alcuni classici.
Ma andiamo nel dettaglio delle canzoni.
Si parte con un pezzo “facile” di cui sono già numerose le cover: Io Sto Bene dei CCCP. Basti pensare, ad esempio, che è stata rifatto nel 2019 anche dai Delta V o nel 2014 dai Punkreas (feat. Lucia Picozzi). È una bellissima canzone e non si può biasimare, dunque, la scelta del gruppo di Arezzo che era indeciso se rifare questa o Disperato Erotico Stomp di Lucio Dalla.
Direi buona la prima.
Poi, come seconda traccia, arriva qualcosa che non ti aspetti: Rino Gaetano. È vero che si tratta di uno degli artisti italiani più coverizzati (soprattutto durante i concerti), ma è la scelta della canzone che sorprende: La zappa il tridente il rastrello.
Pezzo del 1976, decisamente uno dei meno famosi del cantautore calabrese (intendo rispetto alle hit che l’hanno reso immortale) seppur orecchiabile. Il testo parla degli ostacoli sociali ed economici degli anni Settanta con una critica fine all’operato dei politici, critica che nel 1978 diventerà più esplicita con canzoni come Nuntereggae più. Bel pezzo e bello l’arrangiamento degli Osaka Flu, soprattutto per il cambio di tempo alla fine (da …Come era bella Rosita per capirci). Infine, direi, un testo ancora decisamente attuale nei contenuti… il che non è un bene per il nostro Paese.
La terza traccia è invece un omaggio agli Skiantos di Freak Antoni. Tratta dal loro album più interessante (Kinotto), Gelati introduce il lato B del disco del 1979 e il sound aveva velleità da surf sdrammatizzate dalla voce stridula di Antoni. In questo EP il pezzo è un po’ piatto e forse, tra tutti, la cover che ha meno identità. Ma il segreto sta nelle dichiarazioni della band di Arezzo che a riguardo dice:
Kinotto è uno dei nostri dischi preferiti e “Gelati’” è la nostra canzone preferita sull’eroina. Freak Antoni era troppo forte a cantare male e non potevamo competere così abbiamo immaginato come sarebbe stato cantarla sotto LSD.
La cover de La Strana Famiglia, storico stornello di Giorgio Gaber, è decisamente quella più azzeccata, con il caos che fanno, e forse per questo che l’EP prende il nome di questa canzone (“Gaber è un eroe nazionale e noi gli abbiamo reso omaggio facendo più caciara possibile come ad una cena tra amici in osteria”)
Come traccia numero cinque abbiamo Le Alpi, ruvidissima canzone uscita dalla penna di Federico Fiumani ed inclusa nell’album dei Diaframma Anni Luce del 2006. Fanno un bel lavoro gli Osaka Flu ed il ritmo è più incalzante della versione originale. Ma forse è troppo pulita per poter essere apprezzata dai super fan dei Diaframma. Ad ogni modo c’è uno stacchetto ska/reggae decisamente interessante che piacerà a molti.
Sarà per i cori, per la batteria martellante o per la potenza esplosiva, ma questa versione è la mia canzone preferita del disco.
Il disco si avvia quasi a conclusione con la cover di Sui giovani d’oggi ci scatarro su degli Afterhours. Su questa vi lascio solo il commento della band che mi ha fatto morire dal ridere:
Quando gli Afterhours hanno fatto uscire “Sui giovani d’oggi ci scatarro su” non avevamo 40 anni in 3 quindi immaginiamo che scatarrassero anche su di noi. Abbiamo preso gli scatarri e siamo andati per la nostra strada e quindi abbiamo registrato la nostra versione. All’inizio ci era venuta con un’intenzione simile ai Ministri ma poi s’è preso tutto un pò più sul ridere spaziando tra gli Smashing Pumpkins e i Dinosaur Jr.
P.s Abbiamo sostituito babbo con papà perché in Toscana se dici papà a tuo padre ti dà uno scappellotto.
Gli Osaka Flu chiudono il disco con un classico di Fabrizio De André, ovvero Nella mia ora di libertà. Più sento questa cover e più rimpiango di non averla sentita dal vivo nel 2019, anno in cui di omaggi live a Fabrizio De André se ne contavano a decine in tutta Italia (alcuni dei quali decisamente imbarazzanti).
Ci tengo a precisare che il disco non ha un nessun filo logico nella scelta delle canzoni ed è dannatamente rumoroso e caciarone. Con le basi ritmiche registrate in presa diretta e le voci dei tre che si accavallano, sembra di ascoltare un bel disco punk indipendente degli anni Ottanta e Novanta. Di quelli che compravi ai centri sociali prima o dopo il concerto. Per la ciliegina sulla torta, forse andrebbe registrato e ri-registrarlo su una musicassetta infinite volte.
Amarcord.