The Cardigans, Cat Power, Sade e Sonic Youth: questi sono i primi nomi che mi sono venuti in mente quando ho sentito per la prima volta il disco omonimo dei Monêtre.
O meglio ho ritrovato riferimenti molto marcati man mano che le tracce andavano avanti nelle mie cuffie.
Riferimenti ingombranti?
Molto probabilmente sì, tanto da far venire una legittima ansia da prestazione al gruppo formato da Mauro Costagli (chitarra), Alessandro Zangani (basso), Luca Schittzer (batteria) e Marco Siddi (chitarra) e Federica Tassano (voce), ma queste sono le impressioni a caldo.
Andando a scavare a fondo in questo disco possiamo dire che i Monêtre hanno confezionato un disco di dieci tracce veramente piacevole, in bilico tra un alternative rock più confident con le sonorità oltre oceano e un indie più italico. Nonostante il cantato in inglese.
E qui si apre una caratteristica interessante del processo creativo del gruppo: perché mentre gli uomini della band sono basati a La Spezia, Federica Tassano vive a New York, quella città tanto amata e odiata allo stesso tempo da Kim Gordon, a proposito di Sonic Youth. E così, per corrispondenza, sono riusciti nell’impresa di chiudere un disco.
La cosa curiosa è che i Monêtre non solo l’unico gruppo della scuderia Libellula che abbatte le barriere transfrontaliere. Anche gli Alephant hanno pensato e scritto il loro primo disco – Whole – tra Piemonte, Francia e la California.
Anche se sono più incline a vedere la qualità di un processo creativo di un gruppo chiuso a chiave nella stessa sala prove a sudare e discutere faccia a faccia se un riff vada bene o meno, devo ammettere che guardando al prodotto finale il risultato è eccellente.
Non solo, per rendere tutto più realistico, si permettono anche di far suonare il disco come se fosse stato suonato dal vivo, magari su una traccia sola.
Per concludere, questo gruppo alla prima esperienza discografica ha un mood complessivo da band di lungo corso (forse anche perché tutti e 5 sono musicisti che militano o hanno militato in altri gruppi), con degli ottimi testi in inglese (prendete ad esempio We were roses), scritti principalmente dalla “newyorkese” Tassano, e degli arrangiamenti interessanti.
La parte melodica vince su quella ritmica e le chitarre sporche e distorte che si intrecciano nella maggior parte delle tracce (se volete una canzone su tutte skippate fino ad Edna).
Se devo trovare una pecca, non avrei scelto Valerio come singolo e avrei scelto una traccia più morbida e allo stesso tempo più “esaustiva” del gruppo come biglietto da visita… un pezzo come Blinding white. Però il video di Valerio è comunque interessante.