Qualche giorno fa, il 3 maggio 2019 è uscito un album importante, il nuovo di Daniele Silvestri: La terra sotto i piedi.
L’approccio all’ascolto è complesso, di lettura non facile, merita di sicuro una seconda ed una terza possibilità.
Ma l’arte, come le persone, ha bisogno di tempo e decodificazioni per essere compresa, necessitando spesso di sguardi che vadano oltre l’immediatezza neuronale.
Una delle prime track è ArgentoVivo, vero e proprio esperimento presentato a Sanremo circa due mesi fa e vincitore di numerosi premi, tra cui quello della critica e di miglior testo del festival, che ha aperto molte discussioni.
Le diverse interpretazioni di cui ha goduto il pezzo denotano un’assenza di scontentezza ed un’ulteriore carica artistica del pezzo dandogli dunque, con merito, dei punti in più.
Il trio Silvestri-Agnelli-Rancore unisce le forze in maniera egregia e lavora in chiave moderna.
La batteria incalzante ed i suoni piuttosto cupi rimandano a sensazioni di alienazione, ansia e smarrimento.
Sensazioni del bambino/adolescente, che è “argento vivo” ma non si sente capito, si sente limitato rispetto alla sua purezza e vive in una “gabbia”.
Un adolescente che assorbe a velocità triplicata ed in maniera amplificata rispetto alle altre fasce d’età gli stimoli esterni: la digitalizzazione ed il cambiamento dei rapporti nella società, un “mondo vampiro”.
La genialità è dappertutto, non manca nulla.
C’è il beat energico di Fabio Rondanini, la sfacciataggine descrittiva di Silvestri, l’urlo e la lirica di Agnelli come richiesta d’aiuto, la rabbia dei pensieri di Rancore.
A mio parere, un capolavoro.
L’album, che si discosta completamente e volutamente dal precedente Acrobati, si divide musicalmente e concettualmente in due parti.
Nella prima ci sono la dance di Complimenti ignoranti, il pop e la spensieratezza di Tutti matti, ma non solo.
Scusate se non piango, che in un primo momento era stato annunciato come il titolo dell’intero lavoro, è un inno divertente all’amore come arma di distruzione della negatività e alla meravigliosa goffaggine di un uomo impreparato alla grandezza del suo sentimento, e per questo andato in tilt.
L’idea di gioia/panico del suo sguardo sognante è espressa nel cortometraggio, girato da Valerio Mastandrea e Giorgio Testi negli spazi occupati dell’Angelo Mai, all’interno del quale si simula uno sgombero.
Diventa d’obbligo vederlo se si vuol cogliere il senso di ciò che ho appena descritto.
Tornando indietro di poco, è impossibile non citare uno dei pezzi più significativi.
Concime: una confessione in crescendo, nel quale Silvestri sente l’esigenza di parlare dell’attaccamento alle proprie radici.
La ”terra sotto ai piedi”, che spiana la strada per una riflessione su una delle contraddizioni più grandi dell’essere “umani”.
La necessità e l’urgenza della scoperta di nuovi mondi sono contrapposti alla mancanza degli affetti e di casa, vuoti che spesso non possono essere colmati neanche col più intenso dei viaggi.
Il secondo tempo dell’album è musicalmente più dolce, riflessivo e lineare e la ricerca del suono è più raffinata.
La vita splendida del Capitano e Rame, formano una coppia di brani molto interessante.
L’andamento finale di quest’ultimo mi ricorda quasi Sospesi dell’ultimo album Infedele di un altro validissimo cantautore, Colapesce.
Sto viaggiando.
In chiusura si parla nuovamente di un amore che all’improvviso cambia le regole del gioco della vita: “Da allora il mio orologio sei tu, il vento sulla strada, una casa fatta in pietra, tu, sei tu”.
Ma “è solo un lieto fine, uno splendido finale, un modo per andare senza salutare”.
Quando tutto sembra essersi concluso, ecco che negli ultimissimi secondi, come in un’interferenza radiofonica, si sente: “Calmi, state calmi!”
Una ribellione, un monito che racchiude l’essenza di tutto l’album.
Un lavoro diverso, sicuramente più impegnato dei precedenti, col suo bagaglio dicotomico di tranquillità/inquietudine, che contiene una catena di pezzi densi di significato.
Una lente d’ingrandimento sul mondo e nello specifico sul degrado, il disfacimento sociale e l’amore come cura a questi ultimi.
C’è ancora qualcuno che ha il coraggio di opporsi alle regole in maniera pacata, senza giri di parole o modaioli sproloqui?
Si, e oggi Daniele Silvestri ne ha dato una piccola ma grande dimostrazione.
Al di là di ogni retorica, creare è forse il modo più adeguato per agire e dare l’esempio.
Viva gli artisti che si espongono.