Oggi, giovedì 28 ottobre, esce “Mostri”, il nuovo album di Giorgieness.
Giorgieness, al secolo Giorgia D’Eraclea, pubblica il suo nuovo lavoro dopo aver presentato al pubblico il suo singolo omonimo. Mostri, registrato presso il Blue Spirit Studio da Marco Olivi, è composto da tracce leggerissime e dense allo stesso tempo, parole come pennellate di colore su melodie che fanno da tela a 11 quadri di vita vissuta.
Menzione speciale alla collaborazione con il team del Le Scapigliate (Serena Debianchi, Anna Mancari, Elisabetta Amicucci e Monica Carlone), che ha curato la grafica.
In questo album troviamo una Giorgieness cresciuta: il suo stile è più maturo e il risultato è un lavoro più ricercato, consapevole dell’importanza che la musica può avere nelle nostre vite.
L’apertura del disco, con Hollywoo e Il Giardino del torto, è inaspettatamente cupo: storie di solitudine e insicurezza, trovarsi da soli con sé stessi faccia a faccia con la propria bellezza, ma anche con i propri lati negativi. In tutto questo, però, il ricordo di chi ci ha mostrato da vicino i propri mostri.
Ed è appunto il turno di Mostri, che è forse la canzone più elettronica del disco e già conoscevamo: un ritmo battente a rappresentare quel chiodo fisso, quelle domande che a ripetizione monopolizzano i nostri pensieri e ci complicano la vita. I Mostri, dicevamo.
Correndo veloci sulle note dell’album, arriviamo a pezzi come Anima in piena, una ballata profondissima, in cui una genuinamente emozionata Giorgieness (che bella questa emozione che spunta anche in un lavoro in studio!) racconta la conclusione di una storia, ma anche la nascita della stessa sotto ad una nuova forma.
Ma anche Cose piccole, che in modo assolutamente dedicato è un’ode alla semplicità delle emozioni minuscole, qualcosa che si inizia ad apprezzare solo quando si ha la forza di stare bene, quando le cose si allineano e si trova la pace.
Giorgieness riesce in modo incredibile a sintetizzare in pochi minuti stati d’animo complessi e anche dolorosi.
È il caso di Maledetta, di cui l’autrice dice:
Ho plasmato la rabbia in determinazione, il rumore in vento leggero, distorto quanto basta. Più di tutto ho trovato la voce che ha il mio viso di oggi e l’ho usata tutta, senza paura di parlare piano.
Ed è vero, lo giuro, che se la ascoltate quel vento lo sentite chiaro fra i capelli, lungo la schiena, dentro alle ossa.
Un vento che a Giorgieness è decisamente servito per spiccare il volo verso un linguaggio nuovo e più completo, un’introspezione inedita per lei, con un risultato eccellente.
È forse questa la fine dei vent’anni?