È veramente raro trovare, spulciando tra il ricco catalogo dell’indie italiano, un album così schietto, sincero e suonato bene come quello che segna l’esordio di Marco Castello. Sarà forse perché adesso anche l’indie si mette il vestito buono per esibirsi all’Ariston o forse semplicemente perché quello di Marco Castello non è indie?
Questa domanda con ogni probabilità non avrà mai una risposta. Anche perché, prima ancora di addentrarsi nell’ascolto attento del disco, fa fede quello che canta Castello in Villaggio, dove dice “L’Indie mi fa cagare” lasciandoci basiti come in Boris. Ma, senza avviare un dibattito (sterile) sul passato, presente e futuro dell’indie italiano, scopriamo qualcosa di più su questo esordio.
Come si legge nella sua bio:
Marco Castello, classe 1993, è un polistrumentista siciliano. È laureato ai civici corsi di jazz della scuola Claudio Abbado di Milano. È in grado di suonare la batteria come un batterista funk e al tempo stesso di cantare, ma è un drago anche alla chitarra, alla tromba, al piano e soprattutto sa scrivere canzoni. Canzoni delicate ben suonate ma pure ancorate alla contemporaneità.
E possiamo dire con certezza che con questo disco ha fatto sintesi di tutte le lezioni apprese in questi anni riuscendo a includere diversi riferimenti: dal pop contemporaneo (quasi campanilista date le affinità con Colapesce o Di Martino) al cantautorato di Battisti e Pino Daniele. Ma anche di Alan Sorrenti e Pino D’Angio per i il funk presente nei loro lavori e per quella sottile ironia (a volte neanche tanto sottile) dei testi di D’Angio.
In “Contenta Tu” c’è un gran lavoro di fino sulle parti strumentali dove nulla sembra lasciata al caso e forse è proprio questo che mette un fossato tra Marco Castello e l’esercito di produzioni indie da cameretta che, complice l’emergenza sanitaria e i lockdown, negli ultimi mesi ha avuto la meglio sulle grandi produzioni.
Per tornare ai testi, a volte si nota qualche forzatura ma ci può stare. Castello non punta ad entrare nella top ten delle emittenti radiofoniche commerciali o, vedi sopra, al palco di Sanremo. Consiglierei di aggiungere alla bio di Castello il fatto che sa anche cantare, anzi meglio, sa usare a mestiere la sua voce adattandola bene ai cambi di umore della musica e delle parole.
Speriamo che nel prossimo futuro Castello non si lasci influenzare troppo dai colleghi più anziani o da qualche produttore che dice di saperla lunga, e che riesca a preservare la sua lingua tagliente, la ricchezza compositiva e strumentale e quella genuinità che si riscontra per tutte le 10 tracce del disco.
Un esordio promosso a pieni voti!
In attesa di vederlo dal vivo potete vedere il release dell’album virtuale al LATE NIGHT SHOW di DNA Concerti.