Per dare inizio alla collezione elettronica d’autunno, sfila al Monk mister Nosaj Thing.
Archiviata ufficialmente la stagione delle danze all’aperto, Manifesto apre con l’artista statunitense il trittico elettronico che si esibirà da qui a dicembre.
Prepariamoci quindi alle sofferte sigarette sfumacchiate intorno ai funghetti caloriferi, totem da venerare nei prossimi mesi.
L’opening della serata è di Daykoda, che con una bella batteria dal vivo al seguito sfoggia un grande estro nu-jazz.
Si parla di elettronica fortemente influenzata dall’hip/trip hop.
Un suono, per capirci meglio, che ha regalato all’artista italiano di base a Milano l’etichetta di Flying Lotus Italiano, conferita da SoundWall.
Un endorsement che carica sicuramente di responsabilità e crea una certa aspettativa da parte del pubblico, ma che è sensata ascoltando il live.
Costruzioni articolate e rapsodiche abbastanza complesse che si amalgamano bene con la “chiassosa” batteria.
Daykoda riscalda bene la serata, mettendo su un’esibizione molto godibile da ascoltare.
Nell’intermezzo mi torna in mente che l’ultima volta che ho sentito Nosaj Thing è stato proprio al Monk nell’edizione di Manifesto 2018.
Quella volta aveva portato un live abbastanza cupo – sia in termini di suono che di visual.
E nell’andar via dal locale passandomi accanto ha lasciato partire uno sputo gigantesco che è finito a 2 cm dal mio piede.
Senza subentrare in argomentazioni e giudizi sulle tradizioni culturali, la curiosità principale era l’impronta che l’artista statunitense di origine coreana avrebbe dato al suo set in qualità di dj.
Dal producer di LA – che ha prodotto album per Kendrick Lamar e Chance the Rapper – ci si potrebbe aspettare anche una deriva hip hop, ma l’esibizione non tocca assolutamente questi lidi.
Nosaj Thing parte con un suono tendente all’house di warm up, minimo sindacale per iniziare ad ondeggiare, ma tutta la performance sarà caratterizzata da una buona eterogeneità.
Dalla house si passa infatti a suoni più freddi con picchetti acuti da elettronica nord europea, à la Pantha du Prince, per poi virare su sonorità da techno bella scandita in 4/4.
La prima ora trascorre su queste sonorità più generiche, per poi lasciarsi nella seconda metà a un dj-set puro fatto di remix a piene mani.
Passano tracce di Peggy Gou, Dj Koze (Pick Up ormai è un inno da club).
Proprio nel finale gli astanti si lasciano decisamente andare, con sguardi di presa a bene tra sconosciuti e articolazioni che si muovono in maniera quasi scomposta.
Tirando le somme, meno ricercatezza e tanta voglia di far muovere il dancefloor per questo inizio stagione del Monk.
Per riscaldarci bene dentro la sala e farci arrivare caldi al momento di ritirare le giacche e affrontare le basse temperature in arrivo.