Sin dall’arrivo nel locale il palco attira l’attenzione di tutti. La semplicità di un palco scuro con il suo logo ed una lavagna in cui appare la scritta “evita il dolore, evita il fallimento, evita il tempo”, che non appena l’artista sale sul palco viene girata e trasforma le parole in “è vita il dolore, è vita il fallimento, è vita il tempo”, preannunciano la dualità e l’andamento multifase del suo live.
L’ultima data del tour di Michelangelo Mercuri, in arte N.A.I.P. , vede come protagonista il Locomotiv di Bologna e io non potevo mancare per raccontarla.
Michelangelo si volta di spalle, si dirige verso il telone e ne strappa una parte che mostra il titolo del primo pezzo suonato: è Dovrei dire la mia, tratto dal nuovo e ultimo EP del 2023, con il featuring della meravigliosa voce di Galea che lo rende ancora più ricco.
Prosegue poi con Io non so, contenente un richiamo al mare ed al vento della sua terra che è un grido a se stesso urlato a tutti.
Lo show prosegue in maniera piacevolmente spiazzante ed atipica, con monologhi e riflessioni tristi o ironiche, cover reinterpretate in maniera divertente ed intensa, riflessioni, riferimenti cinematografici, pezzi di puro teatro.
Particolarmente degni di nota sono l’esecuzione inaspettata di Bizcochito di Rosalia con balletto annesso che fa sorridere, una bellissima e da intenditori Screen shot degli Swans con il suo riff martellante e i suoi imperativi “No pain, no now, no hate, (..) Love! Now!” riarrangiata in versione più elettronica dell’originale.
Poi il suo cavallo di battaglia Amandoti, e soprattutto il tributo commuovente all’anima gentile di Mirko (Zagor) dei Camillas – che proprio tre anni fa durante la fase acuta del Covid ci lasciava- con la Bologna di Bel pomeriggio, concludendosi con la sua voce ripetuta nel ritornello come fosse un pugno allo stomaco.
A metà live una grande sorpresa e un siparietto da musica classica con gli OOOPOPOIOOO, Valeria Sturba e Vincenzo Vasi e il loro theremin, oggetto incantatore poiché per essere suonato non prevede il contatto fisico tra il musicista e lo strumento, bensì mani fluttuanti sospese in aria in sua corrispondenza.
N.a.i.p. coinvolge più volte il pubblico interagendoci, suona i pezzi più datati come Oh Oh Oh, un accenno di Partecipo, Attenti al loop che sul finale sfocia in una sorta di dubstep, e persino un mini dj set che lo porta a correre da una parte all’altra del palco tra il drum pad ed il synth.
Il trasformismo nei vestiti (dapprima con un lungo impermeabile chiaro e un cappellino, poi in tenuta gilet/pantalonicini ed infine con un vestito lungo nero ed un cappellino di paglia estivo), gli oggetti di cui si serve per interpretare, la versatilità strumentale e la scaletta caotica, fanno di N.a.i.p. un artista poliedrico, un contenitore di arte a 360 gradi pronto ad esplodere e a riversarsi dritto in faccia a chi lo ascolta.
Imprevedibile, ammaliatore.
La serata si conclude ballando con David chi?, la tarantella di Ho bisogno di con un contorno di pubblico che improvvisa una festa collettiva saltando scatenato, chiudendo poi con Tempo.
Sul finale la lavagna ritorna al centro e stavolta riporta un semplice “grazie”, con il sottofondo di “Us and them” dei Pink Floyd, roba da sognatori.
“Dovrei dire la mia? Io non so. Ho bisogno di tempo.”