Una coppia di fuoriclasse quella sul palco di Largo Venue, lo scorso 14 maggio: Angelica e Miles Kane, due giovani artisti molto promettenti.
Prima del live abbiamo fatto due chiacchiere con Angelica, che ci ha parlato un pò del suo nuovo e bellissimo progetto solista.
Ti abbiamo conosciuta negli anni passati sotto un’altra veste, quella di leader dei Santa Margaret. Ti ritroviamo ora sicuramente cresciuta, con una coraggiosa carriera solista davanti. Ci parli un po’ di te? Cosa ti ha portato a ciò che sei oggi?
Ero molto giovane quando ho iniziato a suonare con i ragazzi, tutti più grandi di me. Semplicemente le cose evolvono, come accade sempre nella vita e io avevo bisogno di un percorso da sola. Sono una persona molto insicura e la band mi faceva un po’ da cuscinetto con il mondo, per avere conferme, rassicurazioni.
Anche il prodotto che era uscito era fatto da più teste, mentre ora è mio e non posso appoggiarmi a nessuno. Mi è servito molto.
Qual è il tuo “bagaglio sonoro”? Cosa troviamo nel tuo DNA musicale?
Quello che ho fatto in passato mi apparteneva in parte. C’era tutto un aspetto più delicato e femminile che non potevo esprimere e con il quale mi sto sperimentando oggi. Se vogliamo è un lato anche più pop, più leggero. Finalmente adesso ci posso lavorare, unendolo ad ascolti meno “polverosi”, oggi mi faccio influenzare da una scena a me più vicina, quella indipendente italiana e internazionale, più fresca.
In “Quando finisce la festa” troviamo una buona dose di vintage e di atmosfere retro. Cos’è che ti affascina così tanto dei tempi passati? Cosa ti porta ad inserire queste atmosfere in una canzone composta nel 2019?
Penso che quest’epoca sia molto interessante perché permette di unire tante epoche diverse, anche improbabile fra loro. Questo accade non solo in musica, ma anche in fotografia o nel cinema.
Abbiamo la possibilità di unire una batteria elettronica a una chitarra anni ’60 e sperimentare. Si tratta di pescare a piene mani dal passato, è retro ma non c’è un’epoca di riferimento precisa.
Durante il live troveremo qualcosa di retro?
Assolutamente sì! Innanzitutto, l’estetica vintage a me piace un sacco. Il live è strano… innanzitutto è tutto suonato! Questo fa già molto vintage di per sé, in un’epoca in cui sono sempre meno i musicisti sul palco…
La formazione poi non è assolutamente canonica. Il batterista suona anche i synth-base, ci passiamo alcuni strumenti, tipo il basso… Tutto molto poco convenzionale!
L’album è stato scritto totalmente da te. Come funziona il tuo processo creativo?
Non lo farò mai più! È un processo estenuante: la cosa bella è che quando scrivi di qualcosa, la scrittura è spesso posticipata rispetto all’emozione. La fatica viene quando ci si trascina queste emozioni fino alla scrittura e oltre, fino all’arrangiamento finale, cercando di rimanere dentro quelle precise sensazioni. Il processo creativo è quindi molto complesso fino alla fine: tenere in vita alcune emozioni è quasi innaturale, le vorresti archiviare.
Come si inseriscono le collaborazioni in questo processo e quanto influenzano il tuo lavoro?
Avere in studio gente come Viterbini, Martellotta, Rondanini, il produttore Cooper, porta grandi responsabilità. Mi sono fatta grandi sudate! È stato però tutto molto stimolante: mi ha dato un sacco di sicurezza, perché il disco è piaciuto a tutti ancor prima che fosse finito. Persone che stimo tantissimo mi hanno rassicurata: hanno capito dove volessi andare, c’è stato un clima bellissimo.
Sei una delle esponenti femminili dell’indie italiano, ahimè ancora in grande minoranza rispetto alla compagine maschile. Seppure la qualità sia tanta, siete infatti ancora in poche a riuscire a sfondare.
La disparità è un problema gravissimo. Lo spazio e la scarsa credibilità data alle donne è un problema soprattutto del nostro Paese. Da donna, da un lato porto molto rancore nei confronti di chi sottovaluta il problema o lo ignora. Dall’altro, da donna musicista, riconosco la difficoltà di farci prendere sul serio nel mondo della musica. La nostra cultura non ci aiuta. Infine, mi fa male vedere a volte l’assenza di solidarietà fra donne.
Rimanendo sempre sul tema “musica al femminile”: chi stimi particolarmente fra le tue colleghe e perché?
Sono di parte perché è anche una grande amica, ma stimo moltissimo Anna Viganò (Verano), musicista stupenda che scrive canzoni meravigliose. Poi mi piace molto JoanThiele, che ha un’attitudine molto preziosa, rivolta anche verso l’estero. La scena musicale femminile è bella. Ad esempio, adoro anche Myss Keta, anche se fa parte di un mondo diverso dal mio, ma fornisce stimoli molto interessanti. Ti potrei fare una lista infinita, ma queste tre danno un’idea del panorama.
foto di Laura Colarocchio