Un festival che tutti dicono essere inutile (sì dai, ve lo abbiamo sentito dire, snob che non siete altro), eppure ogni volta c’è il pienone, la gente che spinge, e il cugino della tua ragazza che ha un progetto indie che si lamenta per non essere in line-up.
Quest’anno c’era la pioggia, il fango, le mantelline di colori imbarazzanti, le birre annacquate, qualche bestemmia di troppo quando il temporale costringeva anche i fan più accaniti ad indietreggiare di qualche passo.
Nessuno si è lamentato in effetti per gli ombrelli, le condizioni lo rendevano accettabile, lo stand del merch si è rivelato un ottimo rifugio, e sempre grazie a Tidal per gli zainetti e le bandane gratis.
Il set dei Gluts durante Mahmood
Non sta piovendo, fa piuttosto freddino e ci si cerca da un palco all’altro facendosi un cenno tra sfigati, quelli che hanno dimenticato la felpa e adesso stanno morendo di freddo.
Succede che davanti alla distesa di fango del palco Retro si accumulano gli outsider del Mi Ami, quelli che ci sono tutti gli anni e, anno dopo anno, evitano i palchi principali e snobbano tutto, compreso Mahmood che invece raccoglie parecchie gente sul palco della collinetta.
Iniziano i Gluts (che i nostalgici ricorderanno dal 2014), di un noise violentissimo, disturbante e distorto. Si crea un mashup fantascientifico e assurdo, ma bellissimo. Momento più alto.
Jesse The Faccio che si butta e fa più casino di chiunque altro
Venerdì. Sono le dieci passate e Jesse The Faccio, fenomeno dell’underground indie di quest’anno, raccoglie davanti a sè un bel gruppo di quelli che sembrano tutti suoi amici e fa letteralmente un casino assurdo.
Tra musicisti capaci (e, nota cinica, nella giornata di venerdì è stata cosa abbastanza rara), pogo improvvisato che attira lo sguardo dei passanti dai gusti più mainstream che non avevano idea di cosa stesse accadendo, Alan dei Van Houtens che faceva la coda al bar, quello di Jesse The Faccio, che si conclude con lui che si butta sul pubblico senza pudore, è stato tra i set più genuinamente belli di questo 2019.
Frah Quintale che arriva a sorpresa per fare Missili con Giorgio Poi
Venerdì. L’ospitata di Calcutta ce la si aspetta, in un modo o nell’altro. Ma il ritrovarsi Frah Quintale sul palco, senza presentazioni, vederselo arrivare un po’ nel buio durante il set di Giorgio Poi (nota di merito anche per lui, comunque).
Quasi a scambiarselo per qualche roadie pronto ad intervenire a sistemare qualche cosa, e invece eccola, quella voce inconfondibile che scatena immediatamente uno di quei cori piuttosto tamarri ma decisamente indimenticabile su una versione acustica di Missili, l’ideale per abbracciare quella ragazza che non avresti mai avuto il coraggio di avvicinare in altro modo.
Grazie Frah per questo limone!
La magia di Andrea Laszlo De Simone
I bicchieri in amido di mais abbandonati ovunque (no, non erano di plastica, malelingue che non siete altro), la gente che dopo il set di Any Other si dirada e disperde in giro, la gente che comincia ad accalcarsi per la coda al bagno, fango ovunque che viene voglia di buttare le All Stars bianche che stiamo indossando.
É uno di quei momenti in cui è un po’ tutto a caso, finchè finalmente lì in lontananza Sogno L’Amore che convince anche i più scettici ad avanzare, non è un concerto ma un’ipnosi di gruppo per cuori spezzati.
La pioggia che smette improvvisamente per il set di Auroro Borealo
Sta venendo giù l’ira del Signore e la cosa più importante da fare sembrava essere ringraziare quelli del merch dei Mi Ami che a quanto pare vende anche le mantelle per la pioggia.
Ci si ritrova tutti al bar interno del Magnolia, a cercare di aguzzare la vista per vedere i preparativi del palco dove si sta per esibire Auroro Borealo.
Manca sempre meno, speranze minime di vedersi un set divertendosi senza preoccuparsi di venire colpiti da un fulmine, ma, nel momento esatto in cui il delirio sta per iniziare, smette di piovere. Urlo al miracolo!
La chiusura con il live de La Rappresentante Di Lista
Piedi a pezzi e l’acqua impregnata in questi vestiti estivi che ci siamo messi nell’illusione estrema di essere ormai in estate, stanchezza a mille, le undici di sera, domani sarà solo un lunedì come tanti altri e stiamo per assistere ad un live spettacolare.
Quelli de La Rappresentante Di Lista non portano sul palco un concerto, ma un vero culto, un inno alla femminilità, alla passione, al perdersi, al sentirsi vivi e vicino a tutti.
Molti hanno sentito quello de La Rappresentante come il live di chiusura di quest’edizione, ne è seguita una triste e lenta fuga di massa verso le macchine, e come dar loro torto.
Nico LaOnda che nessuno sapeva chi fosse, ma è stato molto figo
Se vi foste soffermati, tra un Auroro Borealo sul palco grandissimo e una Margherita Vicario sul palco grande, a guardare chi stesse suonando sul palco Weroad avreste scoperto un tale affascinante Nico LaOnda.
Quest’estetica lo-fi, sonorità newyorkesi e queste belle movenze da suggestioni italo-disco. Una bella scoperta del tutto inaspettata che è capitata solo a chi è capitato per caso.
Probabilmente se Mac DeMarco gli piacerebbe, e pure tanto, ma in attesa che si verifichi questa strana circostanza, gli auguriamo un feat. con Jesse The Faccio.
Il set degli I Hate My Village durante il temporale
Quelli che non hanno avuto un crollo emotivo durante il set di Andrea Laszlo De Simone, sullo stesso palco hanno avuto modo di vedere uno dei set più travolgenti di questo 2019, vuoi anche per il fatto che ha cominciato a piovere violentemente durante uno dei micidiali assoli di Adriano Viterbini, che con i suoi passettini sembrava sfidare le leggi della natura e, a giudicare dalla sua espressione, Alberto Ferrari non è mai stato così felice.
Il quarto d’ora di gloria di Margherita Vicario
Inserita un po’ a forza nella line-up, annunciata ufficialmente solo la mattina stessa, Margherita Vicario è arrivata sul palco della collinetta solo per fare quattro o cinque brani, portati a casa con un’energia invidiabile.
Per chi non l’aveva mai sentita, l’espressione da wtf è stata inevitabile, come anche le domande di rito chi è questa, da dove arriva, perchè non è segnata sul programma, ma ho sbagliato palco, ma ha sbagliato lei palco etc, etc…
Il set di Margherita Vicario è stato un momento di perplessità assoluta, portato a casa con una bravura rara e una simpatia assurda che forse varrebbe davvero la pena approfondire.
Sentire trecento volte in tre giorni Valvonauta dei Verdena tra un set e l’altro
Presenza fissa di ogni playlist d’attesa durante i cambi palco.
di Smoking Area
© Foto ufficiali Mi Ami Festival