In una fresca e piacevole serata di inizio settembre, la seconda parte della rassegna “Sunshine Superheroes” porta come degna apertura gli I Hate My Village.
Alberto Ferrari, Adriano Viterbini, Fabio Rondanini e Marco Fasolo non hanno di certo bisogno di presentazioni nel panorama musicale italiano “alternativo”, così come viene definito.
L’entrata del gruppo, tra un problema tecnico e l’altro, ci trasporta in un luogo che non sembra essere un parco di una città ma piuttosto una giungla: luci verdi, atmosfera misteriosa, suoni lenti e qualche distorsione qua e là.
Alberto rompe l’apparente tranquillità con un verso che assomiglia ad un richiamo in una savana, Viterbini si scatena per 30 secondi e poi parte con la chitarra alla “Bombino”, trainati dai continui cambi di ritmo di un Rondanini stratosferico, al meglio della forma.
Si prosegue con lo strumentale ed energico Presentiment dal primo album, che regala chitarre come graffi e la voce di Alberto, assente nell’ultimo EP, piena di effetti che rimbomba per tutta la location.
Ferrari e Viterbini sono ai lati opposti del palco, il primo, mostrando tutta la sua indole selvaggia, alterna versi e parole a noi incomprensibili, fuma una sigaretta, prende il microfono e lo porta alla chitarra, si dimena come per liberarsi con la sua solita indole fantasiosa; l’altro appare più timido del solito nei movimenti ma sempre e comunque efficace.
Il gruppo è affiatato e fa sorridere, si scherza sulla burla del 6 settembre che prima viene annunciata come la data di compleanno di Alberto e poi di Fabio ma in realtà non è di nessuno dei due.
Ad un certo punto ecco un intermezzo che ci riporta in maniera nostalgica a Requiem dei Verdena con le percussioni e le urla e i cori di Fasolo che sembra imitare uccelli.
A seguire la bellissima Fame e poi la più conosciuta Tony Hawk of Ghana, introdotta da un “cazzo, cazzo, cazzo” di Alberto e altre frasi confuse, che continua con un beat meraviglioso condotto da Rondanini. Si svolge poi con un ritmo coinvolgente e un riff in loop, concludendosi con chitarre quasi metal: è il vero gioiello della serata.
Il pubblico si alza in piedi, in molti fanno il verso degli indiani.
Una pausa, poi Yellowblack dal nuovo EP Gibbone e la conclusione, con le parole di Alberto come a voler chiudere ironicamente una messa: “Grazie mille, siate gentili l’uno con l’altro, vogliatevi bene (…)” a ripetizione.
Poche aggiunte e novità rispetto al tour precedente ma tanta sperimentazione, tecnica, estro e qualità.
Ci manca poter ballare sul loro palco, ci mancano i concerti di prima, ma neanche stavolta potevamo mancare.
foto di Marianna Fornaro