XXVI edizione per Villa Ada – Roma incontra il mondo: il festival della Capitale si conferma un’istituzione per tutti gli amanti della buona musica che – per i prossimi 49 giorni – avranno il piacere di passare per Roma.
L’inizio del festival più lungo dell’estate romana non poteva essere dei migliori. Nei lunghi mesi di freddo e pioggia l’estate a Roma sembrava essere un miraggio.
E invece eccoci qui, tre giorni prima dell’inizio ufficiale della bella stagione, sulla riva del laghetto più famoso della Capitale, a gustarci il fresco e il sound dei Groundation con una ventata di improvvisazione reggae/jazz.
Per inaugurare la lunga stagione dei concerti gli organizzatori non potevano scegliere gruppo migliore. La band capitanata da Harrison Stafford ha cambiato forma negli ultimi anni e l’ultimo disco in studio The Next Generation è del 2018, eppure il sound e la performance rimangono costanti nel tempo, una ricetta unica che si basa sui virtuosismi dei singoli musicisti, improvvisazione e destrezza.
Il risultato è uno show unico nel suo genere.
Il sold-out a Torino lo scorso marzo all’Hiroshima Mon Amour e le impressioni di chi ha avuto il piacere di presidiare la serata in Via Carlo Bossoli avrebbero dovuto essere un chiaro segnale per tutti i fan del genere.
Sebbene sia martedì sera e in questo periodo Roma sia piena di iniziative culturali, già dalle 19.30 all’ingresso principale del Festival inizia ad arrivare gente, forse anche un po’ curiosa di vedere com’è quest’anno Villa Ada.
C’è da aspettare un po’ per problemi tecnici alla biglietteria, ma questo crea un’occasione in più per parlare della line up del Festival scritta a caratteri cubitali sugli striscioni dell’ingresso. Verso le 20.30 si inizia ad entrare e poco dopo le 21.00 sale sul palco Eliasse che tra soul, rock e afro beat, ci porta per un’oretta tra i ritmi delle Isole Comore.
Poi arrivano i Groundation, accolti con entusiasmo da un pubblico che nel frattempo è diventato quello delle grandi occasioni. Stafford e soci non mollano un attimo, il ritmo incalzante in battere e levare fa da sfondo a melodie solide e creative.
Lo show è decisamente all’altezza delle aspettative ma, se devo trovare una piccola pecca, mi sarei aspettato più improvvisazione sul palco.
Nonostante l’ottimo livello dei musicisti e delle coriste ho notato una latente gessatura che ha lasciato poco spazio alla spontaneità. Insomma mi sarei aspettato di più da chi ha fatto dell’improvvisazione live il suo marchio di fabbrica.
Forse ci vuole ancora un po’ di rodaggio per un gruppo che è cambiato molto negli ultimi anni?
Il mio golden boy della serata è stato Jake Shandling, il batterista: davvero notevole.
In conclusione: Villa Ada, quest’anno più che nell’edizione 2018, dimostra di essere all’altezza delle aspettative con una line up molto variegata e incasellata con cura che accontenta tutti i gusti.
Diciamocelo: una spalla sopra a diversi festival italiani di questo periodo che sembrano rincorrere sempre i soliti nomi che vanno di moda, non deludono mai e assicurano i sold-out.
L’altra sera, a Roma, è andato in scena il Reggae con la R maiuscola e per gli amanti del genere rimando al primo agosto quando saliranno sul palco di Villa Ada gli Easy Star All Star.
di Damiano Sabuzi Giuliani
foto di Davide Canali