In una piacevole serata di tarda primavera, la meravigliosa cornice del cortile del Castello estense ospita la prima serata di una delle più belle rassegne dell’anno che parte col botto: suonano i Blonde Redhead e la “nostrana” Any Other.
Il Ferrara sotto le stelle quest’anno ha una line-up invidiabile: oltre ai già sopra citati artisti, seguono nomi come Daniela Pes, Dry Cleaning, Murder Capitol e Fantastic Negrito.
Tornando alla serata del 3 giugno, apre il concerto Adele Altro, in arte Any Other, che appare visibilmente emozionata sul palco e ci regala quella sua unicità ed autenticità che sono rare da riscontrare.
Le luci colorate puntate addosso, il suo outfit stiloso gonna rosa-scarpette a fantasia blu/rosa, l’ entusiasmo di essere lì a seguito di una bronchite – e specifica, anche in qualità di fan del gruppo headline – la fanno percepire come una di noi.
In realtà Adele sembra un’aliena: la sua voce fa eco nel magnifico cortile, è capace di catturare l’attenzione di tutti e con una sfilza di brani come “Second Thought”, “If I don’t care”, “Mother Goose”, “Something” e l’immancabile Sonnet #4 (con gridata finale e mio magone in gola) ci porta sul suo pianeta.
Perfetta.
Segue un piccolo break e i Blonde Redhead salgono sul palco con tutta la loro verve ed armonia estetica: i fratelli Pace e Kazu Makino partono con il beat di Falling Man, probabilmente uno dei loro pezzi più belli.
Ma ci vuole poco e ci si accorge che qualcosa non va: una serie di problemi tecnici, tra cui principalmente l’assenza della voce nei microfoni, rovinano la performance di Dr. Strangeluv, Doll Is Mine e Elephant Woman, quest’ultima suonata una seconda volta. Il pubblico fischia, perde la pazienza.
Passato l’impasse iniziale, finalmente iniziamo a godere dello show con Snowman, dall’ultimo recente album Sit Down for Dinner, suonata egregiamente.
L’intercambiabilità agli strumenti e l’alternanza delle voci rendono la folla più curiosa, mentre l’energia rimanda agli ultimi anni novanta pur mantenendo le vibrazioni attuali.
Dream pop a tratti accelerato e bombe rock, come in “SW”, ci trascinano in un vortice che diventa quasi psichedelico.
Durante il susseguirsi di pezzi come Melody experiment, 23 e Spring and By Summer Fall, Kazu si spoglia degli strati di vestiti e della kefiah attorno al collo per rimanere, infine, con un vestitino nero punk. Contribuisce così ad aumentare lo scenario dark, assieme ai suoi passi agitati e alla sua voce delicata e rock allo stesso tempo.
Durante un intermezzo di silenzio poi, accenna ad un delicato “mi dispiace”, riferito al disagio della prima parte del concerto ed in qualche modo scusandosi col pubblico.
Il concerto si chiude con un encore trittico di Before– Kiss Her Kiss Her (con voce molto sexy e gioco di bacchette a tempo del batterista, a conferma che l’ultimo è un gran bell’album) e Rest of Her Life.
Il gruppo si congeda soddisfatto sulle note di una musichetta quasi fiabesca e Kazu mima ripetutamente un cuore con le mani.
Un’ora e mezza di tuffo nel passato, di un genere di musica che parte da lontano ma si innova e si mantiene coerente anche nel presente.
Peccato per i problemi tecnici che ci faranno ricordare la serata un po’ meno memorabile di quella che doveva essere.
Hated because of great qualities, loved despite of great faults.
foto di Sara Tosi