Quello che è andato in scena sabato scorso a Largo Venue non è stato solamente un concerto, ma una vera e propria manifestazione contro il nemico di sempre: il capitalismo.
E su questo, dopo tutti questi anni e senza più Sigaro sul palco, la Banda Bassotti non arretra neanche di un passo: suona e canta i pezzi storici della band che ha fatto la storia del combat rock italiano.
Una miscela esplosiva di ska-punk amalgamata a testi senza censure o filtri, di chiara impronta antifascista e antirazzista. Testi contro le storture del capitalismo avanzato. Testi che non conoscono confini.
Dal Sud America all’Europa dell’est, dall’Africa alle periferie romane, la Banda Bassotti canta e fa cantare inni generazionali di lotta a fianco dei popoli oppressi. Palestinesi, Nicaraguensi, Rom, Curdi sono solo alcune delle comunità vittime di ingiustizie che trovano spazio nelle decine di canzoni del loro repertorio.
Instancabili in un concerto durato più di due ore realizzato ad un anno dalla scomparsa di Sigaro. All’anagrafe Angelo Conti, voce chitarra e anima del gruppo capitolino, che purtroppo ha lasciato questo mondo un anno fa, a soli 62 anni.
Ma il suo spirito è stato presente per tutta la serata e ricordato dalla band e dai fan che, ad ogni occasione, levavano cori in ricordo di uno dei fondatori della Banda Bassotti.
Da Figli della stessa rabbia, primo disco ufficiale della band del 1992, a Banditi senza tempo del 2014, la Banda Bassotti è riuscita a catalizzare la rabbia dei popoli oppressi attraverso canzoni che hanno fatto la storia dello ska-punk italiano.
Partendo dai cantieri dove si sono conosciuti negli anni Ottanta fino ai giorni nostri, la Banda ha sempre tenuto alto il suo profilo etico e morale commemorando e ricordando anche conflitti più dimenticati.
Se qualcuno l’altra sera a Largo Venue si è chiesto “che senso ha, oggi, tutto questo?”, la risposta si trova nelle loro canzoni, alcune scritte ormai decenni fa, quasi un’altra epoca, ma ancora attuali.
Basti pensare agli inni antirazzisti quali La Rotta Degli Schiavi o Ska Against Racism o gli inni rivoluzionari quali Luna rossa, Viva Zapata!, Un altro giorno d’amore, Mockba ‘993, Il palazzo d’inverno, L’altra faccia dell’impero o Partirò per Bologna quelle più intime e in un certo senso dedicate più alle politiche del lavoro e alla realtà sociale dei cantieri e delle periferie come Giunti tubi Palanche Ska, Beat-Ska-Oi! o Avanzo de cantiere.
Ampio spazio dedicato alla lingua basca, grazie anche alla presenza sul palco per buona parte dello show di Fermin Muguruza, fondatore della band Kortatu e compagno di viaggio della Banda Bassotti.
Poi le ballate classiche, quelle cantate a squarciagola dal pubblico con le mani e i pugni in alto: Carabina 30-30, El pueblo unido, jamás será vencido, la loro Figli della Stessa Rabbia e naturalmente Bella Ciao.
Oggi, a pochi giorni dall’anniversario di Piazza Fontana, con tutto quello che sta succedendo in Cile e in altre parti del sud America e lo strisciante fascismo che ancora alberga nel nostro Paese, la musica e le battaglie della Banda Bassotti sono ancora necessarie.
Chissà se i più giovani presenti al concerto hanno capito veramente lo spirito della serata. O se coloro che il pomeriggio erano alla manifestazione (da qualcuno definito più un happening) delle Sardine in piazza San Giovanni hanno ritrovato gli stessi ideali.
Quello che resta è un Largo Venue pieno zeppo di gente, di compagni e compagne di diverse generazioni ed estrazioni sociali, che per una sera hanno riempito i loro cuori di musica rivoluzionaria.
Lo stesso giorno che London Calling dei Clash compie quarant’anni, a ricordare che quella Revolution Rock (eseguita con l’arrangiamento stupendo da parte della Banda) è ancora viva e in un certo senso permanente.