Grazie alla piccola e potente Fender Stratocaster, Alberto Lombardi fa rivivere il meglio della musica rock in una serata speciale tra sogno e realtà.
Immaginate una sera di fine agosto a Roma. Il caldo soffocante del giorno lascia spazio all’umidità afosa della sera.
Immaginate di ritrovarvi dentro la città ma al contempo vicino ad un bosco.
Immaginate un palco dove si alternano le leggende della musica rock, da David Gilmour a Eric Clapton, da Jimi Hendrix a Stevie Ray Vaughan, passando dai Deep Purple a Jeff Beck con brevi ma intense comparsate di John Mayer, Frank Zappa e Nile Rodgers.
Insomma, un vero sogno per ogni appassionato di rock e di blues.
La scorsa settimana io e Davide Canali siamo stati al ConFusione Fest, un’iniziativa estiva dedicata alla musica live nata dagli intenti di due storici locali romani, Let it Beer e L’Asino Che Vola.
Nonostante questa verrà ricordata anche come l’estate senza musica dal vivo, il ConFusione Fest ha cercato di mettere su un cartellone dedicato ai cantautori locali, alle produzioni originali e alle cover band.
Questa serata però è dedicata ad una chitarra. Sì, avete capito bene.
Parliamo della Fender Stratocaster, la chitarra elettrica solid-body più famosa del mondo e la più desiderata.
Ideata nel 1954 dal quel genio di Leo Fender, negli anni è diventata un vero e proprio simbolo della musica rock regalando ai musicisti uno strumento in grado di generare assoli e riff in qualsiasi condizione, con qualsiasi stile.
Una chitarra che, possiamo dirlo con certezza, ha veramente calcato i palchi di tutto il mondo.
Era presente in compagnia di diversi musicisti nel 1969 a Woodstock, così come c’è stata in tutte le edizione del Lollapalooza. Ha avuto un posto d’onore al New Orleans Jazz e ha suonato al Festival di Glastonbury così come al Coachella.
È stata suonata con i denti, con le braccia dietro la schiena, è stata incendiata e distrutta sul palco, ma è sempre tornata immortale ed eterna come solo un’icona può essere.
Insomma è molto più semplice dire che dove c’è stata la musica rock, la piccola e maneggevole Strato era presente.
L’altra sera la Statocaster ha deciso di farci compagnia insieme ad uno dei suoi compagni di viaggio di una vita.
Alberto Lombardi ha celebrato questo strumento e al contempo reso omaggio ai giganti del blues, della psichedelia, del folk e del country, con una piccola parentesi “disco” (Lombardi ad un certo punto si è lanciato in una esecuzione di Let’s Dance, uno dei pezzi iconici di David Bowie).
In una serata che sembrava non finire mai c’è stato spazio per i classici dei Pink Floyd (i cui pezzi di fatto hanno aperto e chiuso la scaletta) e dei Cream, lanciandosi nelle partiture più complesse di Frank Zappa o Jeff Back.
Certo sarebbe stato troppo bello vedere anche solo per 5 minuti tutti quegli artisti sul palco, ma Alberto Lombardi e la sua band hanno cercato di rendere vivo un sogno e, fosse anche solo per il tempo di un assolo, abbiamo viaggiato con la mente e l’anima tra gli studi di registrazioni più blasonati e sotto i palchi di mezzo mondo dalla fine degli anni Cinquanta ai giorni nostri.
Due note a piè pagina: nonostante conoscessi artisticamente Alberto Lombardi principalmente per le sue doti alla chitarra, ho scoperto che dal vivo è anche un ottimo cantante. Certo, avrei preferito più pezzi suoi originali in scaletta, ma non si può avere tutto dalla vita.
Menzione speciale per i ragazzi e le ragazze che hanno messo in piedi il ConFusione Fest che hanno lottato e lottano a testa alta per mantenere viva la parte più bella della musica: i concerti.
foto di Davide Canali