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|Playlist| Musica dal pianeta Venere #1

Hanno già fatto un esperimento a fine 2020, oggi tornano con il primo numero ufficiale della nuova rubrica di CSImagazine: “Musica dal pianeta Venere”

Sono due delle nostre redattrici e ogni tre mesi insieme ci proporranno una playlist Spotify con il meglio del meglio in circolazione: artisti stra-famosi si alterneranno a nuove scoperte, per un mix tutto da godere.

Pronti/e? Via!

In questo inizio 2021 la musica galleggia in un mondo ancora pressoché immobile e riflette piuttosto linearmente questa condizione. Ecco dunque qualche consiglio d’ascolto per sopravvivere a quelli che saranno (si spera!) gli ultimi lockdown.

Parto da In praise of shadows di Puma Blue,  un disco soft e sensuale che contiene influenze miste, oscillando prevalentemente tra jazz, r’n’b e soul, che si porta con sé la calma che spesso  può trasmettere solo un disco “dream”.

La voce di Jacob Allen è carica di passione e fragilità, ed in qualche passaggio ricorda persino Jeff Buckley.

Freschi di scena e ancora poco conosciuti, i King Hannah, duo di Liverpool che esordisce col primo album Tell Me Your Mind and I’ll Tell You Mine, suonano un folk/rock a tratti psichedelico con diversi minuti solo strumentali.

Seppur non troppo innovatori nel loro genere, conducono ad un trip coinvolgente di trenta minuti, ingolosendo l’ascoltatore e riportandolo a sonorità già note come quelle di Mazzy Star, Pj Harvey, Big Thief.

Esordio attesissimo per la dolce voce della giovanissima Arlo Parks, dapprima scrittrice di poesie, poi cantante dai molteplici riferimenti musicali. La concentrazione che dimostra nelle live session la fa apparire timida, misteriosa.

Nell’album tutti i nomi che si incontrano, come Caroline ed Eugene, sono personaggi-simbolo di storie della quotidianità e vengono affrontati temi preziosi come la malattia mentale o la tristezza e la malinconia (un pò à la Billie Eilish). Non mancano gli interrogativi esistenziali (“Why do we make the simplest things so hard?”).

Scavalcando qualsiasi genere, The Notwist ci trasportano in una realtà estrema con Vertigo Days, disco ricco di particolarità e sfumature che va da Al norte, Al sur, che viaggia da sonorità sognanti a chitarre sfrenate, con parole essenziali che rappresentano vita (“love”, “myself”), talvolta contrastanti (Ice age/Fire).

C’è poi Venerus, con Magica Musica che, collocato al di fuori del contesto sanremese di cui sentiamo parlare in abbondanza, ha conquistato la mia vetta italiana di questi primi tre mesi.

Ottime produzioni di MACE, beat old style, chitarre e ritornelli spesso martellanti creano un prodotto davvero degno di nota e variegato.

Chi se ne importa se le collaborazioni sono ormai diventate elemento endemico in Italia quando sono così ben inserite come in questo disco? L’incrocio tra antico e moderno è ben servito e piace. E la voce di Venerus rende tutto magico.

Infine, menzione speciale per il nuovissimo album di Lana del Rey, Chemtrails Over The Country Club, personalmente il più emozionante ed intenso sentito da gennaio ad oggi.

Il brano d’apertura White Dress, con la voce a tratti spezzata e struggente è una vera perla, così come la cupa e poetica Yosemite o la più classica Let me love you like a woman.

Un disco intimo, splendido, col quale Lana non fa che darci conferme.

In apertura come traccia “speciale” nella nostra playlist. Vale la pena ascoltare.

È proprio così: quando, insieme a Giulia, ci siamo ritrovate (con grande piacere) a selezionare i brani di questa nuova playlist a due, ci siamo rese conto che c’era una scelta comune: Chemtrails over the Country Club, il primo singolo del nuovo album di Lana Del Rey. Abbiamo così deciso di far partire questa prima playlist comune del nuovo anno proprio con questo brano. Una sorta di bonus track che sta a rimarcare la nostra scelta condivisa.

Ammetto di non essere mai stata grande fan della cantautrice statunitense, ma la canzone che dà il titolo a questo suo nuovo disco (uscito per la Universal) mi è entrata dentro al primo ascolto, diventando uno dei miei loop preferiti di questo inizio d’anno. Atmosfere rarefatte e romantiche, un brano struggente che racchiude in sé un profondo senso di nostalgia, per qualcosa che forse è rimasta incompiuta o che comunque non tornerà più.

A seguire trovate in cima alle mie scelte i tre album che più ho amato in questi mesi: God is an Astronaut, LNZNDRF e Arab Strap.

I primi hanno tirato fuori il loro decimo disco, Ghost Tapes #10 (Napalm Records), confermando una tendenza che già negli ultimi lavori era sempre più evidente: una virata su sonorità più dure e piene, con bene in primo piano la chitarra di Jamie Dean.

È stato difficile scegliere un pezzo solo e Spectres ha lottato fino alla fine con il primo singolo lanciato dalla band, la lunga cavalcata dal titolo Burial, ascoltando la quale già si poteva avere il sentore che fosse in arrivo un disco dalla potenza non indifferente (di uno dei loro ultimi live italiani ci eravamo occupati qui).

Allo stesso modo, l’uscita del primo singolo tratto dall’ultima fatica degli Arab Strap, As Days Get Dark (Rock Action Records), mi aveva convinto fin da subito che anche loro ci avrebbero regalato un gran bel disco.

Dopo oltre 15 anni di assenza, la band di Aidan Moffat, è tornata con un lavoro sentito come assolutamente necessario, fuori dal tempo e con all’interno almeno 4 piccoli capolavori, come ad esempio questa Here Comes Comus! uscita lo scorso febbraio.

E sul podio delle mie scelte d’inizio anno c’è anche il secondo disco di un super gruppo dal nome super impronunciabile: gli LNZNDRF. Dovrebbe dirsi Lanzendorf, che non è altro che una contrazione (a mo’ di incipit di codice fiscale…) dei cognomi dei componenti, ovvero i fratelli Scott e Bryan Devendorf (dei National), Ben Lanz (Beirut e National) e Aaron Arntz (Beirut e Grizzly Bear). Nomi che sono già una garanzia, ovvio, ma non immaginavo di trovare nel disco, dal titolo II (autoprodotto), una lunga sfilza di pezzi uno più bello dell’altro. Alla fine ho scelto di inserire qui Chicxulub, uno dei brani dalla resa più immediata, sostenuto da una linea di basso martellante e che non può non farti saltare dalla sedia.

Chiudo la mia cinquina con due proposte italiane, una delle quali è per me una novità. Si tratta dei veneti Mattatoio5 che sono usciti a febbraio con il loro secondo disco, l’autoprodotto Escapes.

La produzione artistica di Amaury Cambuzat (Ulan Bator, FaUSt) è già di per sé un’ottima partenza per chi, come me, ama il suo stile e le sonorità post-rock e l’elettronica. La band lavora anche nel campo dei visual e dell’arte, perciò speriamo ancor di più di poterli anche “assaggiare” presto dal vivo. Il brano che ho scelto è l’ipnotico Rat Race, ma vi consiglio anche l’ascolto della title track, che ha il magico feat. di Romina  Salvadori (Estasia).

La seconda proposta italiana per questo mio primo scorcio d’anno è la consueta conferma dei Bachi da pietra di Giovanni Succi e Bruno Dorella. Il nuovissimo Comincia adesso (Garrincha Dischi) è il singolo che anticipa il loro prossimo disco, in uscita a maggio. Granitici anche in questo nuovo assaggio. “Rime incise a punta di grafite”. “Rughe incise dalle nostre vite”. “Vecchia carne da macello. Lo vedi questo spettro nello specchio? (Lo specchio nello spettro). Promette ancora peggio e il bello. È che comincia adesso”. Comincia adesso.

di Giulia Rivezzi e Loredana Ciliberto