PJ Harvey, si mette a nudo per il suo secondo lavoro – con una faccia degna di chi si è appena svegliata e gli occhi pieni di cispe – viene immortalata mentre scuote i capelli bagnati nel bagno di casa sua.
Le esigue dimensioni della stanza non hanno concesso alla fotografa – tale Maria Mochnacz – di inquadrare Pigéi, e lo scatto è stato eseguito al buio con il solo flash della macchina fotografica (ecco spiegato il perché della faccia assonnata di Patata J.).
La cara Mochnacz si occuperà anche della direzione dei video di 50 ft. Queenie e Man-Size, per quanto riguarda il primo videoclip il consiglio è di non vederlo appena mangiato – perché le inquadrature sono un misto tra Lucignolo e Rusty Cage – ne uscireste con una discreta nausea.
Man-Size invece porrà sotto i vostri occhi una gestualità degna del buon caro Nicola Caverna (all’epoca dei fatti conosciuto come Nick Cave futuro partner sentimentale della Harvey), oltre che una scena in bianco e nero in cui la nostra amica è seduta con mutandone della nonna e naso colante – che non ha più idea di come arginare.
Per quanto io ne parli in maniera ironica, questi videoclip manifestano al meglio il sentimento e la felicità di PJ Harvey:
“Faccio tutto per me stessa prima di tutto, e sono felice di questo. Non ascolto le persone quando hanno qualcosa di positivo da dirmi, questo perché tendo a non elogiarmi. Ma sono veramente soddisfatta di Rid of Me. E’ stato veramente un momento perfetto della mia vita. O almeno non proprio perfetto, ma vicino alla perfezione.”
Anche in questa occasione (come in Dry) la PJ è accompagnata da Rob Ellis e Steve Vaughan, formando così un power trio che esprime un tipo di musica rude e aggressiva, dettata da tematiche perlopiù autobiografiche come ammesso dalla stessa PJ:
“Rid of Me si riferisce ai miei malanni, in parte può essere considerato psicotico, alcune canzoni sono ispirate da fatti che mi sono accaduti, ma dovrei avere almeno 40 anni per aver vissuto tutto ciò che descrivo in questo lavoro”.
La title-track è un crescendo che scopre piano piano le potenzialità vocali di PJ Harvey sfociando in un vortice grungettone e primitivo coi controcazzi (grazie al sapiente lavoro di Steve Albini che ci ha dato sotto di feedback e distorsioni) con un grido afono che chiude il brano, altro che quella bagasciotta di Courtney Love.
Una menzione di onore – a mio avviso – va alla cover di Highway 61 Revisited, che fornisce una idea ben precisa degli arrangiamenti adottati da PJ Harvey in questo album.
Rid of Me è il classico esempio di rock anni ’90 sapientemente gestito senza apparire mai banale o stancante: powerchord a manetta, linee di basso potenti e blueseggianti, strutture energiche e scarne che pongono in risalto la teatralità e l’estro di PJ.