Esce oggi per Ammonia Records “Our Own Way”, ep di 5 brani dei Mistakes.
Il trio formato da Giorgio “Joe” Cataldo, Giorgio Sudati e Riccardo Berticelli ha inciso il secondo lavoro con Larsen Premoli.
Abbiamo scelto di presentare il loro disco parlandone direttamente con loro, per giungere senza filtri al nucleo della loro musica, e così conosciuto tre ragazzi diretti, sinceri e senza voglia di indossare alcun cliché.
Ragazzi, la prima cosa che ho sentito ascoltando il vostro disco è stata una voce dalla stanza accanto scandire “ Oh finalmente del punk!” . *
E allora cominciamo da qui, dalla scelta di sonorità immediate e dirette, come nascono i Mistakes?
I Mistakes nascono 4-5 anni fa, quando l’età media della band era 15-16 anni e ancora non avevamo le idee chiarissime su cosa fare. E’ nato come un hobby e un momento per suonare le cover dei nostri artisti preferiti, anche se fin dall’inizio provavamo a scrivere qualcosa di nostro. Ovviamente le tematiche erano quelle di ragazzi adolescenti, primi amori, viaggi, sogni e problemi; ma tutto è iniziato da lì, ci trovavamo bene assieme e continuavamo a comporre materiale nuovo.
Ci è piaciuto sin dalle prime volte suonare live, e vedere come le persone che non ci avevano mai ascoltato e che magari erano nel locale per coincidenza si sentissero coinvolte e ci dessero segni di approvazione. Negli anni siamo poi maturati come gruppo, riuscendo a salire anche su qualche palco importante come i Magazzini Generali e il Legend Club.
Tutto ciò ci ha dato e ci dà tuttora la carica per continuare a fare quello che facciamo e migliorarci volta per volta.
Il punk era rifiuto, denuncia, irriverenza. Nei vostri occhi chi sono i destinatari delle vostre note?
Per noi, come ormai per tantissimi altri artisti che riprendono o fanno uso di quel sound, il punk è tutto un altro mondo. Non perché non ci siano più messaggi forti da esaltare o situazioni da denunciare, ma perché non è quello che vogliamo dire con la nostra musica.
La scelta di determinate sonorità per noi è più stilistica che ideologica; ci siamo innamorati del suono punk rock e pensiamo sia quello più adatto a veicolare i messaggi delle nostre canzoni, che sono spesso più autobiografici e ironici piuttosto che una pura critica all’establishment. Crediamo che i nostri ascoltatori siano bene o male nostri coetanei o gente di qualche anno in più o in meno, che come noi si può emozionare maggiormente ascoltando parole in cui immedesimarsi più facilmente. Questo ci aiuta molto ad avvicinarci al pubblico e a coinvolgerlo meglio durante i live.
Si sente nelle vostre linee vocali, e non solo, la presenza di celeberrimi colleghi come i Blink 182.
Quali sono gli artisti che vi hanno ispirato, cosa avete ascoltato durante la registrazione del disco?
Ci avete scoperto!
I Blink-182 sono il background comune a tutti noi tre della band. Non sono i soli, ovviamente: per questo disco ci siamo ispirati tantissimo agli album di Oasis, Green Day, The Script, U2, Sum 41, John Mayer, Against The Current, e molti altri in realtà.
Li abbiamo ascoltati e riascoltati anche durante la registrazione del disco, perché sono i nostri punti di riferimento ogni giorno; è per questo che è stato naturale guardare a loro.
Come puoi notare sono sonorità anche molto lontane tra di loro, il che ci permette di spaziare molto in fase di scrittura; tuttora, attingendo da ogni artista quello che ci piace, riusciamo ad esplorare generi nuovi o a rendere più particolari altre canzoni a cui stiamo già lavorando.
“Our own way” è un titolo che rafforza il concetto di rifiuto dell’omologazione, sottolinea con orgoglio il convivere con i propri modi, le proprie emozioni, esperienze e fallimenti.
Insomma, avete le idee chiare.
Che direzione pensate possa prendere il vostro progetto e quale desiderate?
Ci piace sperimentare nuove sonorità e sconfinare in altri generi, uscendo anche dal sentiero per capire se potremmo starci bene. Da qui anche l’eterogeneità delle canzoni presenti nell’EP, che seppur legate tra loro da una sonorità comune, esprimono ognuna diverse sfaccettature del nostro modo di fare musica.
Per il progetto speriamo che qualunque sia la direzione che prenderemo sia sempre condivisa da tutti e sia ottima; sicuramente ci piace scegliere in prima persona dove andare, ma non abbiamo intenzione di virare o intraprendere una nuova avventura senza il consenso unanime della band. Speriamo di suonare assieme ancora per tanto tempo, cercando di toglierci molte soddisfazioni e magari di vedervi tutti sotto al palco a saltare con noi!
In conclusione, spesso ci capita di chiedere durante le interviste una riflessione sulle dinamiche del mondo della musica di oggi, e di farlo con artisti che hanno vissuto il c.d. switch generazionale.
Con voi possiamo godere di un punto di vista nuovo, più vicino alla contemporaneità, dunque quali sono le criticità e i vantaggi nell’ intraprendere questa strada nel 2017?
E’ una domanda difficilissima, che ci fa riflettere molto. Non abbiamo una vera e propria risposta, perché stiamo vivendo solo il lato “contemporaneo” della musica e non abbiamo modo di paragonarlo a qualcosa. Ci sono tantissime cose positive e molti più mezzi per fare qualsiasi cosa; che sia registrare un disco o utilizzare particolari strumenti, fare determinate cose in studio di registrazione o poterle riproporre live, la tecnologia permette ormai di ottenere risultati che solo 20 anni fa sarebbero stati impensabili.
Anche il modo di promuovere la propria musica è cambiato: ci sono molte più piattaforme per farsi conoscere grazie al sorpasso avvenuto sul cartaceo da parte del digitale, con centinaia di siti in cui poter ascoltare, conoscere e acquistare lavori di nuove band.
Il problema connesso a questa “rivoluzione” è che tutto è diventato accessibile a chiunque (noi compresi), e quindi qualunque cosa si crei è probabile che nello stesso momento ci sia qualcuno nella tua città che sta facendo la stessa identica cosa, con la stessa identica qualità e la stessa identica voglia di fare. Per emergere, quindi, è necessario differenziarsi in positivo dalla massa sia a livello di sound che di immagine, perché ci rendiamo conto che la concorrenza è molto vasta e agguerrita.
Ciò che forse accusiamo più di tutto, tuttavia, è che ormai i social e i vari programmi tv hanno portato la musica live in maniera quasi prepotente direttamente nei salotti delle persone.
Il che, se da un lato può rappresentare un bene e un ennesimo modo per portare le proprie canzoni “a casa” delle persone con il minimo sforzo, implica allo stesso modo che la gente sia molto più restia a scendere nel pub sotto casa per ascoltare qualcosa di nuovo, dando meno spazio agli artisti emergenti.
Grazie a Ja.La Activities e alla cara Morgana.
* L’esclamazione è stata censurata, provate ad aggiungere subito dopo finalmente e immediatamente prima di punk delle parole che…avete capito.