Nono episodio
Qualcosa mi manca
Qualcosa mi manca. Non so bene cosa, ma qualcosa mi manca. Forse essere capito: non fingo mica, io! Quel ragazzo a scuola mi aveva fermato per complimentarsi con me dei miei testi, significa che mi crede? Non è che pensa che sia solo uno che ha scritto delle belle poesie trasformate in canzoni, ma che in fondo stia recitando il ruolo del preso male? Beh, sicuramente meglio di quelli che mi smontano a priori dicendo che non posso scrivere quello che scrivo. Come non posso? Ma chi cazzo siete per dirmi quello che posso o non posso scrivere, ma soprattutto come cazzo fate a sapere quello che sento dentro il mio cuoricino impestato? Tipo mio fratello grande quella volta che, entusiasta, gli feci sentire una prova di registrazione per il nostro disco sentendomi dire: “Sì, bello, ma perché fai cose così tristi? Mica sei nato in una famiglia disagiata?”. È proprio questo il mio disagio, fratello, ma non lo capiresti mai. E poi lo so che fa parte del gioco, se avessi di fronte a me la strada spianata forse non sentirei dentro quella voglia di rivalsa che ficco tutta dentro nelle mie canzoni. A prevalere, però, sono spesso l’amarezza e la vergogna.
Succede una cosa assurda: ci facciamo dei nemici. Senza motivo, il vero rock ha bisogno di un po’ di pepe.
Si tratta di una band proveniente da una sala prove di un oratorio di periferia, forse ancor più giovani di noi, anche se di poco. Oddio, una band… meglio dire una cover band. Suonano solo Deep Purple e quelle cose lì, e a sentire le voci che girano nell’ambiente lo sanno fare alla grande. Buon per loro, ma sinceramente non me ne può fregar di meno se in città esiste una band di sbarbatelli virtuosi che suonano da dio Smoke on the Water. Che due coglioni! Noi ci sbattiamo per fare roba nostra, originale, trasformiamo in musica il nostro disagio, e arrivano questi qui a dirci cos’è il vero rock’n’roll. Ma no! È il nostro il vero rock’n’roll, non scherziamo! Ma perfino il buon Chuck non sa più da che parte stare. Possono fare quello che vogliono, ci mancherebbe, tranne mettersi contro di noi. Ed è puntualmente quello che fanno. Gira voce che ci odino, che secondo loro non sappiamo suonare, che io sia un poser e altre amenità di questo tipo. Va beh, amen, anche se mi rode parecchio. A Luis rode ancora di più – anche perché in teoria lui sarebbe il virtuoso della band – al punto che decide di creare un blog del gruppo nel quale sfogarsi. Funziona fino a un certo punto. È guerra aperta. Ma una guerra fredda, non succede niente. Non mi è mai saltato per la testa di presentarmi alla loro sala prove per spaccargli la faccia. Vengono aperte discussioni su discussioni a proposito di questa rivalità anche nel forum-web di cui vi dicevo prima. Nell’underground cittadino si parla solo di questo: meglio loro o meglio noi? Meglio i virtuosismi fedeli al rock classico o gli autentici sperimentatori metal-punk? Tecnica o cuore, fighettume o lerciume, Dio o diavolo? Ah, sì, perché non vi ho detto – e non è proprio un dettaglio insignificante – che questa band non solo ha la sala prove all’oratorio (come noi, del resto), ma quando va in giro a suonare si presenta come alfiere della propria parrocchia, una roba disgustosa.
La verità è che quando finalmente mi innamoro per la prima volta mi dimentico di tutto, soprattutto dei nostri Deep Purple cristiani di provincia.
Lei si chiama Leyla ed è la cugina di Chuck, ha due anni meno di me ed è una hippy, o perlomeno si veste da hippy e sogna di vivere disegnando in campagna tra cani, gatti e cavalli. Ah, frequenta la stessa classe di Drieu al liceo artistico, ed è così che si imbatte nel nostro disco. Dopo l’estate inizia a interessarsi sempre di più alla band e soprattutto a me, e da cosa nasce cosa. Ci mettiamo insieme. Io sono un neodiciassettenne incompreso, lei una quindicenne fuori di testa. Sono felice, perché con lei sto bene, posso essere me stesso. Le piaccio così, esagerato, nell’amore e nel dolore. E poi… incontrare una ragazza che si innamora di me attraverso la mia musica – cosa potrebbe chiedere di più un rocker romantico come me?
L’amore – non lo sapevo – è la cosa che mi mancava più di tutte. Non avere una ragazza per dire in giro di avere una ragazza. Ma amarla. Certo, le gioie del sesso adolescenziale mi aprono le porte della percezione, che cerco di oltrepassare non senza imbarazzo. Tutto diventa diverso quando accade. Non è per niente facile! Ma tutto questo mi trasforma e trasforma immancabilmente la mia musica. Riempio quaderni su quaderni di poesie, levigo le mie pene esistenziali fabbricandomene però di nuove, tipo la gelosia, che mi tormenta. Vivo un idillio, ma sento che è troppo precario, qualcosa prima o poi, lo so, mi farà crollare tutto addosso. Leyla, da parte sua, è convinta che il nostro amore sarà per sempre.
di Malatesta