Decimo episodio
Cambiano gli equilibri
Cambiano gli equilibri. Nel giro di pochi mesi la nostra band si allarga e ad assistere alle prove non c’è soltanto Leyla, ma ci sono anche le nuove – prime – ragazze di Luis e Drieu. Quest’ultimo si è messo con una punk dalle poche parole, sinceramente innamorata della nostra musica, mentre Luis è rimasto folgorato da una dark con qualche rotella fuori posto, ma alla fine simpatica. Kem, invece, sta bene così, anzi, preferisce circondarsi di un sacco di gente e divertirsi. Con lui fuori dalla sala prove ci frequentiamo poco, ma quando suoniamo insieme sento un’energia profonda, un’affinità elettiva musicale che vale più di qualsiasi amicizia.
Dopo il successo del primo album nel nostro microcosmo sociale, qualcosa si insinua a minare i rapporti della band, in particolare fra me e Luis. Avrei dovuto capirlo subito il giorno in cui mi sottopose un suo testo chiedendomi se avessi avuto voglia di trovarci una melodia per una canzone; che poi aveva già scritto anche la musica, quindi avrei dovuto pensare la linea vocale in base a musica e parole già scritte, ma senza nessun’idea di metrica. Non che io sia un esperto, ma almeno cantando cerco di buttare giù le parole in modo che stiano bene insieme. Insomma, mi aveva spiazzato. Non riuscii a dirgli di no, ma il risultato fu ovviamente pessimo sotto ogni punto di vista.
Ora la situazione non è cambiata, anzi, Luis sforna nuovi testi in continuazione pensando di farci dei pezzi per il prossimo album.
Inoltre, ed è questo il punto, si pone in ogni situazione come il referente del gruppo, come la faccia della band – insomma il presunto frontman. Eh no, amico mio, nella band ci può essere un solo frontman, e quello sono io.
Non voglio essere autoritario, io sono tutto tranne che autoritario. Ma nessuno ci obbliga a stare nella band se questo non ci rende felici. E io, in questa situazione, non ci sto bene. L’idea su cui si basa il nostro sodalizio è questa: io scrivo le canzoni, le porto in sala prove e le arrangiamo insieme. Diverso sarebbe stato se qualcun altro di noi avesse avuto un’anima da songwriter, ma con tutta la buona volontà del mondo non è questo il caso di Luis, che apprezzo esclusivamente come chitarra solista. Il fatto che anch’io mi diletti a fare assoli non toglie che sia lui il chitarrista “tecnico” della band.
Questo è per me l’unico equilibrio possibile. Cantare e suonare le mie canzoni è un’esigenza che va oltre qualsiasi ambizione, è un modo di essere. Impensabile per me cantare canzoni scritte da qualcuno che non sia io.
Non so come esprimere questo disagio. Lo faccio nel peggiore dei modi: isolandomi. Mi sfogo con Leyla, confessandole l’inconfessabile, ovvero la voglia di cambiare rotta, affossando quella che fino a poco tempo prima consideravo la mia famiglia, quella vera perché scelta. Nel frattempo però continuiamo a provare e fare concerti. Con Luis parlo il meno possibile, avvicinandomi sempre di più a Drieu, che sento più affine alla mia idea di band e di rock. Per fortuna, in qualche modo, la creazione delle canzoni di Luis resta indietro per privilegiare i miei pezzi, già formati e “soltanto” da arrangiare. L’idea è quella di far uscire un nuovo EP a distanza di un anno dal disco.
Tutto bene, fino a quando Luis non propone come copertina una sua fotografia di una finestra aperta presa dall’interno di una torre. Ma perché? Anche qui non so dirgli di no, forse per paura di ferirlo. Sì, direi che il mio silenzio accondiscendente e un po’ vigliacco ha come unico fine quello di non ferirlo, cosa che farò lo stesso in un modo o nell’altro, se non voglio continuare ad auto-pugnalarmi. Insomma, per chiudere, è una foto del cazzo, pesantemente post-prodotta per limitarne l’insulsaggine. Diventa così la copertina del nostro nuovo lavoro (registrato ovviamente con le stesse precarie condizioni e strumentazioni del precedente).
Nel giro di qualche settimana la frattura è insanabile. Da una parte c’è Luis che vuole prendere le redini della band, o perlomeno diventare coprotagonista, dall’altra io che non posso permetterlo. Sullo sfondo Drieu e Kem che non sanno che fare. Le nostre idee si stanno progressivamente allontanando, la nostra amicizia traballa. Per lui il rock deve essere difficile, per me facile. È tutto qui. Non possiamo più andare avanti. Un pomeriggio dopo la scuola mi chiama a casa. Rispondo. Mi chiede cos’ho, se c’è qualcosa che non va, come fossimo fidanzati. Rispondo niente. Poi dico beh, non è evidente? Lo è per tutti. Così, dopo aver voluto parlare della situazione in privato prima con Drieu e poi con Kem, convoco una riunione della band al parco vicino al fiume. No, non voglio uccidere nessuno. È giugno. Nell’aria una strana energia. Ho preso la mia decisione. Qualcosa di grande sta per succedere.
di Malatesta