Oggi parliamo del secondo album registrato dai Muse che conferma quanto di buono ascoltato con Showbiz.
Mentre il primo lavoro ha evidenziato ottime potenzialità ma, al contempo, fatto storcere un po’ il naso alla critica per la somiglianza di sonorità con i Radiohead (tant’è che anche mister simpatia occhio spento Thom Yorke non si è lasciato sfuggire l’occasione di dare addosso al trio di Teignmouth) Origin of Symmetry ci da l’idea di quanto i Muse possano crescere ulteriormente e svariare tra una moltitudine di generi musicali.
Diciamo che la sperimentazione perpetua – evidenziata in tutti i lavori seguenti a Origin of Symmetry – del power trio é cominciata effettivamente con questa perla.
L’origine della simmetria é un concetto inerente alla teoria delle stringhe ed alla fisica quantistica, uno dei mondi (oltre alla fantascienza ed al complottismo) che ha sempre affascinato Matt Bellamy.
Queste sono delle tematiche ritrovate nella maggior parte dei testi dei Muse (soprattutto negli ultimi lavori) che costruiscono un puzzle ben definito e ci illustrano una situazione sempre più orwelliana, dove la prevalenza della popolazione mondiale è come la creta, facile da manipolare ed incapace di scernere il bene dal male.
A mio avviso questa é un opera completa, riff di chitarra, pianoforte classico, un basso che pompa e una batteria che completa l’armonizzazione senza contare la voce asmatica che rende claustrofobico e cupo il disco.
In alcune canzoni il paragone con i Queen non risulta affatto azzardato (sopratutto in termini di versatilità e maestosità del suono).
Si passa dalle cavalcate musicali di New Born, Space Dementia (l’ispirazione a Rachmaninov é palese) e Citizen Erased (tributo a 1984 di George Orwell ripreso massicciamente nel quinto album Resistance), tre brani per un totale di 20 minuti di rock spinto e al tempo stesso riflessivo, sino al falsetto di Micro Cuts (il testo onirico é nato dopo una serata a base di funghetti allucinogeni, la leggenda dice che i 3 dopo aver pasteggiato con i funghetti abbiano ripreso conoscenza in un bosco vicino agli studi di registrazione mezzi nudi ed in stato confusionale, Micro Cuts sarebbe una allucinazione che Bellamy ha vissuto e ha riportato a noi in maniera “fedele”).
Una grandissima cover di Feeling Good di Nina Simone ed infine forse la canzone più rappresentativa di tutto l’album, quella Plug in Baby che fa impazzire le folle durante i concerti live e che mostra tutta la capacità creativa.
L’estro e il virtuosismo alla chitarra di Bellamyche ri-arrangia in maniera totalmente personale la fuga in Re Minore di Bach rendendolo uno dei riff più importanti e riconosciuti della storia del rock (facendo anche capire quanto il suo background musicale sia ampio, considerando che si porta sempre dietro un lettore musicale da un terabyte).
Molti considerano Origin of Symmetry l’apice della carriera dei Muse, ma a mio avviso è un errore pensarlo, la capacità dei grandi gruppi sta nel sapersi re-inventare – mantenendo una propria identità – costantemente, la ricerca di nuovi stili musicali evidenziata in ogni disco (anche se talvolta non con i risultati sperati) è semplicemente lodevole.
A chi si fosse fossilizzato sul concetto di Muse come brutta copia dei Radiohead, consiglio sinceramente di riguardare la propria posizione.