Come accade anche ai bambini più scalmanati, davanti ad un cantastorie non si può fare altro che sedersi ad ascoltare in silenzio.
Max Gazzè delicatamente apre la prima pagina di un libro di venti anni fa, “La favola di Adamo ed Eva” con il brano Etereo, mentre all’Auditorium Parco della Musica c’è chi ancora cerca il suo posto.
Il folletto narrante è accompagnato da chitarra, batteria e piano e solo dopo Vento d’estate saluta il pubblico e si concede un piccolo appunto sui testi, definendoli dadaisti e sperimentali.
Gazzè ripropone per intero un album datato 1998, ma che tutti hanno la bramosia di ascoltare. Dall’attenzione iniziale si passa al coinvolgimento narrativo.
È così che brani come L’origine del mondo, Raduni ovali e Nel verde vengono narrati e sostenuti dalle creazioni visive di Filippo Rossi; è così che si raccontano vent’anni di musica.
Avvicinandosi al finale (che lettori più attenti hanno già letto) e per questo si prendono la briga di proseguire da soli, a gran voci si canta ad una Cara Valentina: “che non è vero che poi mi dilungo spesso su un solo argomento”.
Sembra quasi che strappino di mano la narrazione a chi di dovere, ma il nostro cantastorie lo sa e coglie l’occasione per passeggiare tra le prime file e seminare il coinvolgimento attivo, che diverrà incontenibile. La galleria in piedi e la platea ad onda verso il palco confermano che anche questo Una musica può fare.
Il libro di favole viene chiuso, ma Gazzè ci apre il suo diario: riporta la data 2002 con il brano ‘Luomo più furbo’ e da lì è un crescendo di esperienze, da Sanremo, al cinema, alle collaborazioni importanti, il tutto raccontato come a lui si conviene: in musica.
Il folletto cantastorie saluta venendo a bussare alla nostra porta con Sotto casa e l’Auditorium si trasforma in Stadio, dove tutti i presenti cantano, incitano ed augurano al buon Max altre cento di questi canzoni.
È proprio vero che la musica può fare; in questo caso trasformare musica in realtà e realtà in favole.
foto di copertina di Simone Cecchetti