Massimo Baiocco ha presentato il suo primo disco pop da solista Virginia Brahms all’ Urban Prospective Factory
Trastevere di sabato sera è un serpente di turisti che striscia tra le piccole vie fatte di sanpietrini alla ricerca di osterie e locali per l’aperitivo.
In mezzo a questo delirio enogastronomico che esplode al tramonto, a pochi passi da piazza Trilussa, c’è l’Urban Prospective Factory di Roma un piccolo spazio espositivo che ha come obiettivo di promuovere artisti legati al mondo dell’arte urbana e contemporanea.
E’ In questa galleria d’arte – che al momento ospita “Per grazia non ricevuta” una mostra personale di Amalia Caratozzolo – che Massimo Baiocco ha portato in scena il suo ultimo disco, o meglio il suo primo disco da solista: Virginia Brahms.
La storia discografica di Massimo Baiocco parte dai Frangar Non Flectar, una band romana che spazia tra il rock al folk con tinte di punk e new wave di inizio anni Novanta. Poi Baiocco nel 2014 cambia pelle e fonda i Tamurakafka una specie di collettivo artistico difficile da catalogare. Nome mutuato dal libro di Haruki Murakami “Kafka sulla spiaggia”, l’intento dei Tamurakafka è stato quello di fondere insieme il rock, la musica da camera, la letteratura, le arti visive e performative.
Per il disco Virginia Brahms, uscito poche settimane fa per SubTerra Label, Baiocco sembra aver voluto mettere insieme il meglio delle sue esperienze passate la passione per la musica e la letteratura in un disco di 11 canzoni dove le emozioni, l’amore, le sconfitte e le rivincite.
In questa ricca suite di elementi sonori Massimo Baiocco ha condiviso la voce con Maria Asta e il Coro Polifollia. I testi, scritti insieme a Tiziana Cesarini, ci trascinano in mondi distopici, anime sensibili, ricordi e follie oniriche.
Virginia Brahms è un disco raro e decisamente controcorrente rispetto alle produzioni discografiche contemporanee. Una produzione sincera, coraggiosa, vitale ed emozionante che Baiocco è riuscito a portare dal vivo sabato scorso.
Con due chitarre classiche e le voci espressive di Massimo, Maria Asta e del coro Polifollia, senza nessuna amplificazione, il concerto è iniziato con alcuni pezzi dei Frangar Non Flectar e dei Tamurakafka che hanno visto alla chitarra Emiliano Bonafede per poi entrare nel vivo delle tracce contenute in Virginia Brahms con Joseph Servino alla seconda chitarra.
Un concerto allegro e vivo dove lo spazio dei musicisti si è fuso con quello del pubblico e le opere d’arte di Amalia Caratozzolo appese alle pareti.
Un contrasto forte tra iconografia, suoni ed emozioni dove al centro c’è l’uomo con tutte le sue contraddizioni e debolezze che prova a vivere in armonia con la natura, con il fato, il senso di libertà e la critica dei valori sociali e culturali dominanti.
Testi di Damiano Sabuzi Giuliani e foto di Giulio Paravani