Il Festival delle Invasioni porta in Calabria, a Cosenza, i Clock DVA di Adi Newton, una delle band più importanti della storia della musica elettronica/industrial.
Insieme a loro, sul palco del festival, sfilano una serie di artisti che vanno a comporre un ricchissimo cartellone. Il tutto nelle serate del 13 e 14 luglio nel cuore del centro storico della cittadina calabrese.
Ma torniamo per un attimo indietro nel tempo…
È l’estate del 1998, e in quello che oggi possiamo ben considerare un periodo di “vacche sicuramente più grasse” rispetto ad oggi, inizia l’avventura del festival “Invasioni”. Con manici di piccone e bidoni di latta, i Tambours du Bronx invadono Cosenza, partendo da via Popilia, una delle zone più degradate della città e da poco recuperate, fino a raggiungere il centro storico. Il ritmo dei percussionisti provenienti dalla Francia e di numerosi artisti italiani (tra i quali Teresa De Sio e diverse di quelle che allora chiamavamo “posse”), inaugura una maratona musicale destinata a diventare storica.
Nato sotto la direzione artistica di Franco Dionesalvi (poeta e “agitatore” culturale venuto prematuramente a mancare nel luglio dello scorso anno), il Festival delle Invasioni viene alla luce come spazio nel quale le identità locali decidono di aprirsi fortemente verso lo straniero, verso la multietnicità, approfondendo gli scambi e le contaminazioni culturali. Un’invasione artistica pacifica, musicale prima di tutto (ma non solo) che vuole lanciare un grido ben preciso: questa terra è pronta ad accogliere la diversità e riconoscere come propri valori quali l’ospitalità, la tolleranza, l’apertura verso l’altro. Il festival attraversa i decenni, unendo amministrazioni di colori anche molto diversi, a testimonianza di quanto sia innovativa e lungimirante l’idea di partenza.
In quegli anni, sui palchi di Invasioni, sfilano Patti Smith, Lou Reed, la compagnia teatrale Fura dels Baus, Goran Bregovic e tantissimi altri nomi di rilevanza internazionale. E quest’anno, dopo una lunga pausa, dovuta anche alla pandemia, ma soprattutto alle vicende politiche che hanno portato il comune di Cosenza al dissesto finanziario, il Festival torna con un cartellone che si lega strettamente all’idea fondativa del progetto: contaminazione tra diversi generi musicali, sguardo attento verso la contemporaneità e la sperimentazione.
La musica proposta in questa due giorni, progettata dall’amministrazione comunale e in particolare dal consigliere Francesco Graziadio, e diretta da Paolo Visci, va dal rock all’elettronica, dal jazz alla world music, con i Clock DVA headliner indiscussi. Qui trovate una intervista a Graziadio che racconta lo spirito di questo ritorno.
La prima serata del festival è stata aperta dai Sonic Jesus, band che è esattamente uno degli esempi più azzeccati di contaminazione tra diversi generi musicali. Partendo dallo psych-rock, la band fondata da Tiziano Veronese ha dato prova di saper attraversare, con un’energia granitica, generi diversi quali il post punk, l’industrial, la psychedelia, con un piglio decisamente wave. L’impeccabile sezione ritmica dei Sonic Jesus, dal vivo, contribuisce a rendere ipnotica l’esibizione del quartetto laziale, con un sound che conquista anche in maniera più veloce che su disco.
Il live dei Sonic Jesus prepara al meglio il terreno per le sperimentazioni ritmiche e vocali del duo Bono/Burattini, ovvero Francesca Bono, cantante e chitarrista degli Ofeliadorme, e Vittoria Burattini, batterista dei Massimo Volume. Anziché posizionata sul retro, come siamo solitamente abituati a vedere, la batteria di Vittoria campeggia di lato, a centro palco, di fronte al synth di Francesca, con la quale dà vita ad un contatto continuo, fatto di sguardi, gesti, segnali che danno forza e potenza ad una performance fortemente originale, a cavallo tra elettronica e avanguardia.
E subito dopo arriva il momento di Adi Newton, anima e, in realtà, unico detentore del progetto Clock DVA, sin dai loro esordi. Un nome mutuato dal film di Kubrick “Arancia meccanica” per una band seminale che ha segnato profondamente la storia di diversi generi musicali (darkwave, industrial, elettronica) a partire dai primissimi anni Ottanta. Negli ultimi decenni Adi Newton, intorno al cui baricentro sono ruotati diversi musicisti, ha realizzato pochissimi dischi, l’ultimo dei quali, “Noesis“, ha visto la luce proprio quest’anno.
Non appena ho appreso la notizia del loro live a Invasioni, continuava a tornarmi in mente un articolo a loro dedicato, uscito su “Velvet”, rivista musicale nata nel 1988 da una costola del “Mucchio selvaggio”. Si parlava della loro musica, ovviamente, ma si faceva riferimento anche ad uno dei protagonisti della letteratura noir americana, James Ellroy, e in particolare al suo romanzo “Dalia Nera” che, spinta dalla curiosità, comprai e lessi subito. Il connubio era particolarmente azzeccato. Perché ben si addicevano le atmosfere della band di Sheffield alle storie cupe e deviate di Ellroy.
Alla notizia del loro ritorno in Italia, cercando in rete materiali recenti (non li seguivo ormai da qualche anno) mi sono imbattuta in una intervista ad Adi Newton, pubblicata nel 2021 su “El Garaje de Frank”, rivista specializzata in ascolti post-punk, punk, darkwave e dark-electro. In quella lunga intervista, Newton dichiara come nella creazione del disco “Advantage” sia stato influenzato dalle “obscure works of Noir writers such as Cornell Wooldridge and James Ellroy (opere oscure di scrittori noir come Cornell Wooldridge e James Ellroy).
Questa coincidenza, il ritorno di quel nome, mi è sembrata la traiettoria perfetta di un cerchio che stava per chiudersi. Il percorso di un orologio deviato che risponde, in realtà, ad un disegno preciso: quello del rigore che Newton ha sempre imposto alla sua sperimentazione. Quello del rigore con cui ha eseguito, anche a Cosenza, la sua performance. Una performance glaciale e ipnotica, come da sempre ci ha abituato ad essere la sua musica e, prima di tutto, lui stesso.
In questa prima, ricchissima, serata di Invasioni si sono inoltre esibiti: i britannici The Bug feat. Flowdan (urban grime); Alessandro Baris, compositore italo-americano, con il suo live-set arricchito dai visual realizzati da due artisti visivi, Luigi Honorat, Fabio Volpi e Elisabetta Cardella, e il dj-set di Vagliolise, dj e promoter cosentino che fa capo al collettivo Tracey.
Nella seconda, eclettica, serata del Festival le danze sono state poi aperte da Davide Compagnoni, batterista dei torinesi Stearica, autori di un “avventuroso mix di batteria, elettronica e tecnologia di drum triggering all’avanguardia”. La serata ha avuto, inoltre, come protagonisti il live a/v “Perceive Reality” di Khompa; La Niña (voce emergente della nuova scena napoletana); il trio colombiano Ghetto Kumbé e gli austriaci Elektro Guzzi. Il tutto si è concluso con il dj-set di Kerosene, alias Yandro Estrada.
Come già rimarcato, un cartellone ricchissimo per un festival che, purtroppo, non ha ricevuto il riscontro di pubblico che avrebbe meritato (per quali cause non è qui la sede giusta per discuterne). Dal canto nostro, e credendo di poter parlare anche a nome della musica di qualità e ricerca, non possiamo dire altro che “lunga vita a Invasioni”.
di Loredana Ciliberto