Quella dei The Stranglers è una storia lunga e affascinante.
Nati quasi per caso nel periodo della prima ondata del punk inglese (1976), si distaccano fin da subito dalla filosofia nichilista e distruttiva di gruppi come i Sex Pistols per abbracciare linee melodiche più complesse e virtuose.
The Stranglers, come gli Ultravox, The Clash o Damned, hanno avuto veramente qualcosa in più da dire rispetto ai tanti gruppi di quella generazione.
La loro capacità e la loro innovazione si possono racchiudere in tre elementi essenziali che sono il loro marchio di fabbrica: i virtuosismi di Dave Greenfield all’organo Hammond, alle tastiere e ai sintetizzatori; la voce solida e cavernosa di Hugh Cornwell; e il basso massiccio Jean Jacques Burnel.
All’Orion di Ciampino, purtroppo, abbiamo potuto vedere solo 2 di questi elementi prodigiosi: Cornwell è stato sostituito, ormai molto tempo fa, da Baz Warne che comunque ha trascinato la serata e sul palco non ha fatto rimpiangere il titolare di cattedra alla voce e alla chitarra.
Greenfield, classe 1949, è il più anziano sul palco ma dietro le tastiere i suoi settant’anni non si sentono, ma si sentono eccome i suoni emessi dai suoi strumenti. Le sue intro e gli intermezzi, che hanno reso celebri canzoni come Midnight Summer Dream o Golden Brown, vengono eseguiti alla perfezione per tutta la serata.
Incredibile inoltre la capacità di Jean Jacques Burnel di ricreare, dal vivo, linee di basso complesse e melodiche pur mantenendo ritmi serrati come in Peaches.
Se devo essere sincero negli ultimi anni vado molto cauto a questo tipo di concerti per paura di rimanere deluso dopo aver amato per tanti anni un gruppo attraverso i suoi dischi. Come ho amato tantissimo per esempio Feline, uno dei loro maggiori successi e uno dei miei dischi preferiti di sempre (uscito nel 1982. Quando nascevo io).
Ho sempre timore quando vado a vedere “vecchie glorie” dal vivo.
Lo avevo con i Buzzcocks nel 2016 per i loro 40 anni di attività proprio all’Orion (i quali comunque se la sono cavata egregiamente). Lo avevo con i Wire nel 2018, i quali sono riusciti comunque a riportare sul palco lo spirito di Pink Flag, il loro album di debutto del 1977.
Tragica – ad esempio – la mia esperienza con i Dead Kennedys al Bay Fest del 2019: sembravano una delle numerose cover band della storica band californiana.
Insomma, nonostante il tempo passi per tutti e nessuno si aspettava un concerto a base di fuochi d’artificio, The Stranglers sul palco sanno ancora il fatto loro.
Riescono a tenere alta l’attenzione del pubblico dell’Orion, iniziano lo show con una maniacale puntualità, salutano con tanto di inchino e via verso il Teatro della Concordia di Torino per l’ultima data italiana del tour 2019 della band di Guildford.