Torniamo al Bellezza di Milano, in quest’ultimo weekend dove siamo costretti a vedere i concerti da seduti, da lunedì, così dicono perché tanto ormai io ho smesso di guardare le notizie, cambierà tutto: distanza di sicurezza ma che, almeno, si aprano le danze.
Ed è con questo spirito che oggi siamo a vedere la Babbutzi Orkestar qui a Milano.
Un nuovo album su cui sarebbe impossibile stare fermi, delle sedie su cui dobbiamo stare per forza se vogliamo vedere il concerto, l’idea di essere in un campo nomadi con Goran Bregovic completamente ubriachi per riuscire ad evadere da questa situazione abbastanza fastidiosa.
La più grande band di sexy balcan music vivente, forse anche l’unica, ma sicuramente la più grande, da vedere rigorosamente da seduti è una piccola tortura alla quale non pensavo di sottopormi.
Due ore di live dove è facile ritrovarsi in un improbabile Burning Man di Cinisello, anzi di Cinisello Bronx (e se avete ascoltato il nuovo album Pornopunk capirete).
Gabriele Roccato, il frontman della band, vestito a strati di camicie leopardate, canottiere anni Cinquanta e larghi pantaloni rosa, si spoglia man mano che va avanti il live, ipnotizzando la sala silenziosa, ahimè, del Bellezza con le sue prediche cantate del Pornoamore e passi di danza improvvisati quanto complicati e memorabili.
Una carovana di spiantati, zingari borghesi e italici che fanno battere il tempo anche ai più timidoni.
Un gruppo di amici scapestrati invade il palco durante Il ballo di Cha Cha e gira una bottiglia di vodka liscia da una bocca all’altra (ma tranquilli, siamo davvero certi che avessero tutti fatto un tampone poco prima che iniziasse il concerto).
Quello della Babbutzi Orkestar è un viaggio nel tempo: un ritorno ai giorni improbabili e felici in cui si poteva fare casino sottopalco, alle feste di provincia e ai matrimoni un po’ folli, a quando la musica balcanica non era da sfigati e i pantaloni larghi sembrava ci facessero un gran bel culo.
Un live come quello al Bellezza, che forse vedere da seduti è stata anche un po’ una piccola fortuna, sono un viaggio introspettivo che va a scavare in tutti i momenti di follia (compreso quello che abbiamo dedicato a comprare un paio di pantaloni alla fiera di Senigallia) che abbiamo vissuto.
E non è stato mica male!
foto di Simone Pezzolati