Bambole di Pezza è un progetto punk rock nato all’alba degli anni duemila. La band, dopo qualche anno lontano dai palchi, ha deciso di tornare sulla scena musicale italiana. E ha deciso di farlo con il botto.
Morgana Blue e Dani Piccirillo, fondatrici della band originaria, sono oggi affiancate da tre giovani e talentuose musiciste: Cleo alla voce, Xina alla batteria e Kaj al basso. Formazione nuova dunque per le Bambole di Pezza che hanno appena pubblicato un album, Dirty, e sono alla prese con un tour estivo su e giù per la penisola.
Lo scorso 3 agosto erano a Roma per la terza data estiva del loro tour, a Villa Ada, in una città mezza vuota di persone, ma piena di umidità, afa e zanzare. C’eravamo anche noi per seguire il soundcheck, fare due chiacchiere con loro e seguire un live esplosivo che ha incendiato quel poco di ossigeno rimasto nell’atmosfera.
Prima di addentrarci nell’intervista è bene sottolineare alcuni aspetti fondamentali.
La band è tornata sulla scena non solo per rimanerci, ma anche per sfondare. Hanno un piano: allargare il loro pubblico e provare a fare breccia nel mainstream. Sanno bene che per loro e per la loro musica – fatta di sonorità punk rapide e aggressive, ma con liriche che strizzano l’occhio all’urban e al pop – è difficile entrare nello scenario mainstream attuale, ed è proprio per questo che sono tornate con musiche decisamente più orecchiabili rispetto al passato e maggiormente fruibili per il grande pubblico. A tutto questo poi, affiancano tecnica, presenza scenica e capacità artistica. Ma soprattutto tanta, tanta grinta.
Fin dal soundcheck ci hanno messo tutta l’energia e la precisione quasi maniacale che si riserva alle occasioni importanti. Forse ancora cariche di adrenalina dopo le prove, hanno profuso la stessa energia anche nell’intervista che trovate sotto, ma soprattutto hanno fatto uno show pazzesco e carico a palla dall’inizio alla fine.
Probabilmente decidere di iniziare uno show con un omaggio ai Ramones (Blitzkrieg Bop) è servito a far capire al pubblico sotto palco cosa stava per succedere e di che pasta sono fatte. Così come inserire un’interpretazione a mille chilometri orari di Bella Ciao ha rimarcato l’attitudine e l’orientamento politico delle 5 musiciste. Quello che più colpisce è che tutte quante sanno stare sul palco, fomentare il pubblico e cantare. Oltre alla voce stupenda di Cleo, infatti, l’altra sera c’è stato spazio anche per le parti vocali di tutte le Bambole di Pezza.
E questo non è roba da poco: ormai si fa fatica a trovare un (o una) cantante che sappia registrare in modo decente le parti vocali in studio e loro si presentano (dal vivo!) con ben 5 voci che non sfigurano neanche sulla cover di Proud Mary dei Creedence Clearwater Revival.
E non è tutto. Dopo un concerto che è volato – e alle Bambole di Pezza va il merito di essere riusciti a far affluire una mole di pubblico davvero inaspettata per essere il 3 agosto a Roma -, la band ha pensato bene di fermarsi a chiacchierare con i fan fino a tardi.
Si è trattato di una di quelle serate che vale la pena ricordare. Che ti rimangono dentro, si infilano sotto pelle e ti ricordano che la musica può davvero fare la differenza e che 5 donne, 5 professioniste con le loro idee e la loro determinazione possono fare tanto e conquistare le vette delle classifiche.
Le Bambole di pezza sono una superband, dalla sala di incisione al post concerto, e sono tornate per restare e scombussolare un po’ questa piatta e ripetitiva scena musicale italiana. Scusate se è poco.
Dopo tutti questi anni come è nata l’idea di riprendere il progetto?
Sicuramente la pandemia ha aiutato e ci ha fatto riflettere. È capitato a molti: abbiamo ripensato a quello che nella vita ci piace fare e la risposta è stata: “suonare!”. Così abbiamo ripreso i contatti, capito chi c’era e chi non c’era e siamo felici di aver trovato delle compagne di viaggio spettacolari. Perché alla fine la formula magica delle Bambole di pezza sono le persone e siamo molto felici di essere ripartite.
In tutto ciò siete tornate in una scena musicale italiana e un mercato discografico completamente cambiato, come state vivendo il cambiamento?
Come tante band abbiamo vissuto un momento critico per il rock e per il punk in questi ultimi dieci anni. Questo perché le nuove sonorità, come la trap, hanno invaso il mercato, i locali e classifiche. Lavorando anche nei locali come DJ rock, ci siamo rese conto che tutte quelle serate come a l’Alcatraz di Milano o al Qube di Roma non c’erano più. E invece, negli ultimi mesi, ci sembra che il mondo del rock stia ripartendo. Ovviamente non come dieci anni fa, ma stiamo vedendo che qualcosa si muove anche perché il rock si è mescolato ad altri generi come l’urban. Anche noi abbiamo cercato di adattare la nostra musica al nuovo contesto contemporaneo, strizzando l’occhio al rap e al pop in generale.
Parliamo di Dirty. Innanzitutto, anticonformiste fino in fondo: avete pubblicato il disco a luglio e ormai in Italia nessuno pubblica i dischi in estate. Il mercato e le rotazioni radiofoniche sono dominati dai “tormentoni estivi” …
Ahaha, si infatti noi siamo pazze e sicuramente controcorrente…
Tra l’altro appena l’ho ascoltato ho pensato subito a qualcosa di contemporaneo, quindi effettivamente torna con quello che mi dite. Solo per fare un esempio: la voce di Cleo, mi ricorda molto quella di Ariete.
Dai? Ci fa piacere è un’artista che ci piace! Sicuramente il suono e il modo di mixare i pezzi è molto più pop rispetto a quello che facevamo prima e in generale c’è molta più cura nella produzione. Poi è ovvio che nell’underground c’è chi rimane legato alle sonorità meno elaborate, ma poi tutto dipende a quale pubblico vuoi arrivare. Noi volevamo arrivare più nel pop sempre rispettando da dove veniamo.
In effetti il nuovo disco è fatto di 7 tracce per 20 minuti di musica dove, dal punto di vista musicale, spaziate molto e fate cose molte diverse dai precedenti lavori.
Sì, ci colleghiamo a quello che dicevamo prima: alcune cose rimangono fedeli al passato, ma per altre abbiamo pensato di rivolgerci ad un altro pubblico e quindi aprirci a nuove sonorità. La nostra idea era quella di arrivare al grande pubblico e per farlo devi adattarti alle nuove sonorità, ma anche al nuovo gergo e ai testi.
E da questo punto di vista, l’accoglienza del pubblico alle nuove canzoni com’è stata?
Sicuramente molti giovani ci hanno conosciuto grazie a fratelli e sorelle maggiori, quindi possiamo dire che sono nuovi fan legati ai vecchi pezzi, ma abbiamo visto che molte persone nuove ci hanno scoperto grazie ad “Io non sono come te”, un pezzo completamente diverso, ad esempio, da “Streghe”. Poi tanto hanno fatto e stanno facendo i social…
Ecco sì questo è un altro aspetto che ho notato: sia l’account instagram ufficiale sia i vostri account personali hanno una buona presenza. Le “nuove” Bambole di Pezza hanno deciso di sfruttare molto questi canali.
Per noi è importante comunicare bene… Però ai tempi avevamo già capito che la presenza on line era molto importante. Oltre ad utilizzare MySpace usavamo molto Splinder che tramite il suo sistema di blog ci permetteva di rimanere sempre in contatto con i fan.
Avevamo fatto anche un sito, con una chat e un videogioco. Passavamo le notti a parlare con le persone. Certo adesso le piattaforme sono più evolute, ma curavamo la presenza on line anche prima.
In generale, per un gruppo indipendente come noi, che purtroppo non può contare sui passaggi radio, l’unico canale che ci permette di arrivare ad un pubblico più grande sono i social.
Uguaglianza di genere e violenza sulle donne. Toccate tematiche impegnative e per fortuna tenete il faro acceso su questioni politiche e sociali rilevanti che però non hanno il giusto spazio nel mainstream.
Sì, queste sono alcune delle nostre tematiche di bandiera. Non le uniche, ma certamente sono una parte importante del nostro lavoro. È importante il lavoro di sensibilizzazione sulla parità di genere e sulla violenza sulla donne.
Per noi ad esempio la parità di genere non punta solo al mondo lavorativo, ma anche a livello sociale. A livello culturale c’è ancora molto da fare in Italia. Suoniamo? Sicuramente è perché siamo donne, non perché siamo brave… banalmente questi aspetti ci penalizzano direttamente.
Oggi si parla di più di queste tematiche rispetto al passato…no?
Le lotte del femminismo hanno raggiunto diversi traguardi e uno è avere più spazio a livello mediatico, ma questo non toglie che ci sono ancora grandi differenze tra uomini e donne in tutte le sfere della società. Non sai quanti commenti ci sono arrivati sulla canzone Favole (mi hai rotto il caxxo). Per molti, dato che siamo donne, non sta bene mettere queste parole nelle canzoni o essere così esplicite. Critiche che invece ai musicisti maschi non vengono fatte. “Delle signorine non dovrebbero parlare così”, ma ti pare? C’è un pregiudizio di fondo che è duro a cambiare… uno degli insulti che ci capita più spesso di leggere sotto i post è “tornate in cucina”.
Adesso siete alle prese con un tour estivo di dieci date e se non sbaglio andrete avanti anche in autunno a suonare in Italia.
Abbiamo un tour estivo e a breve comunicheremo anche altre date, ti possiamo anticipare una data per noi molto importante: il 25 novembre (ndr: Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne) all’Alcatraz di Milano a cui teniamo molto. Noi adoriamo suonare live quindi ci saranno sicuramente altri concerti.
Che altri progetti avete per il futuro? Ho letto una vostra intervista dove dicevate che sareste volute andare a Sanremo…
Sanremo è una carta delicata, però è anche vero “perché no?!” a parte che a Sanremo non c’è stata mai una band rock tutta la femmibnile che tocca certe tematiche e con certi valori. Se mai andassimo a Sanremo, non andremmo a cantare le classiche canzoni d’amore, ma ci piacerebbe portare i nostri temi e la nostra attitudine. Fare qualcosa di diverso dalle solite canzoni di Sanremo.
Ecco questa è una cosa che, frequentando l’ambiente punk da tanti anni, non mi ha mai detto nessuno. Anche perché una parte di questo ambiente schifa una kermesse come quella sanremese…
Ma no. Alla fine sul palco dell’Ariston ci sono passati in tanti e tante, e noi come parte della musica italiana abbiamo tutto il diritto di esserci. Ci piacerebbe andare per portare sul palco quella parte di musica “popolare” o quella trasgressione che comunque rappresenta parte del popolo, musica che parte dal basso e che si è fatta il culo per anni, sarebbe una sorta di diritto di rivalsa.
testi di Damiano Sabuzi Giuliani e foto di Giulio Paravani