Venerdì sera siamo usciti e abbiamo incontrato 3 piacevoli sorprese.
La prima è il locale dove siamo stati: il Defrag.
Si trova al Tufello, una zona di Roma Nord che negli anni Trenta del Novecento è rientrata tra le cosiddette Borgate ufficiali di Roma, ovvero gli insediamenti di edilizia popolare che il regime fascista creò nelle zone periferiche della Capitale per trovare una soluzione alloggiativa economica e al contempo isolare le categorie più emarginate (disoccupati, lavoratori saltuari, immigrati). Oggi il Tufello è un lontano ricordo di quella Roma che isolava e lasciava ai margini i cittadini e le cittadine, ma conserva ancora quel fascino architettonico di edilizia popolare che ha molto in comune con tante altre periferie romane: da Tor Marancia a San Basilio passando per Quarticciolo e Tiburtino III.
Il Defrag si trova proprio al confine ideale dell’ex borgata in via delle isole Cuzzolane. E, oltre ad essere un luogo fisico spazioso, è la sede di un’associazione culturale e di promozione sociale che lavora per favorire l’integrazione e lo scambio tra differenze, promuovendo la partecipazione dei cittadini. Un luogo che dà spazio alla musica indipendente, allo scambio di idee, mostre di artigianato ed espressioni artistiche varie.
L’esatto opposto di quello che faceva il Regime: Il Defrag accogliere e unisce invece di respingere e dividere.
Ma soprattutto, come nel caso di venerdì scorso, dà spazio a giovani artisti emergenti ed è qui che troviamo la seconda sorpresa: LAPARTEINTOLLERANTE ovvero il duo composto da Agostino Mattei Cecere e Leonardo Carfora che si sono esibiti in full band e hanno inaugurato la serata infuocando il palco con la loro energia con pop rock per niente banale fatto di spesse tessiture sonore squarciate da testi politici che attirano l’attenzione delle coscienze sui temi ambientalisti, diritti civili e sociali.
Con il frontman che ricorda Damiano David dei Makeskin per attitudine, presenza scenica e la capacità di coinvolgere e interagire con il pubblico, LAPARTEINTOLLERANTE ha dato spazio al tema dei cambiamenti climatici e agli attivisti e attiviste di Greenpeace che erano presenti nel locale per sensibilizzare sul problema della contaminazione da PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche) nell’acqua potabile.
La terza e ultima sorpresa è stata l’energia contagiosa dei Keruak, una band toscana che dipinge sulla tela del rock con tinture a basa di soul, blues e funk. La band è capitanata dalla vocalist Ginevra Marchesi che sembra nata per stare sul palco e, per voce e mood, ricorda una giovanissima Gwen Stefani ai tempi dei primissimi No Doubt. Trascinati dalla cantante e dal bassista che non hanno smesso un minuto di coinvolgere il pubblico e scatenarsi, i Keruak possono rappresentare una generazione di giovani artisti che grazie a talento, preparazione e una miscela di melodie suonano in maniera fresca e originale nonostante i riferimenti ad altre epoche.
Ottima serata, per nulla scontata e senza un minuto di noia. Mica male per un venerdì sera partito quasi come un appuntamento al buio.
Foto di Giulio Paravani