Dopo averli visti al concerto al Festival Arti Visive a luglio 2022, siamo tornati sotto il palco degli Algiers per la data romana a supporto della nuova release: “Shook”.
L’ultima volta che ho scritto della band di Atlanta era il 2020. La pandemia da Covid-19 era già diffusa ovunque, ma veniva dichiarata come emergenza sanitaria globale dall’OMS solo a fine gennaio. Quel periodo ce lo ricordiamo bene, ma forse in pochi ricordano che la maggior parte delle band internazionali ha posticipato le uscite discografiche. Le previsioni sul futuro erano incerte e pubblicare un disco senza promozione o un tour collegato era considerato da molti blasfemo e antieconomico.
Ma gli Algiers se ne sono fregati di tutti questi ragionamenti e il 17 gennaio 2020 hanno pubblicato “There Is No Year”.
Riascoltando adesso, in vista del concerto romano al Monk, devo dire che l’album ha retto bene la prova del tempo e per certi versi lo considero ancora il loro lavoro migliore.
Partiti nel 2015 con l’idea di fare un punk rumoroso e ruvido ma allo stesso tempo innovativo, gli Algiers degli anni Venti sono un miscuglio di generi e stili musicali diversi e, spesso, distanti tra loro.
A portare Franklin James Fisher, Ryan Mahan, Lee Tesche e il batterista Matt Tong sul palco del Monk è il recentissimo disco Shook, dove gli Algiers hanno deciso di puntare sulla coralità e le collaborazioni.
L’elenco è lungo ma ne vale la pena:
Big Rube (The Dungeon Family), Zack de la Rocha (Rage Against the Machine), Billy Woods, Backxwash, Mark Cisneros (The Make-Up), Samuel T. Herring (Future Islands), Jae Matthews (Boy Harsher), LaToya Kent (Mourning [A] BLKstar), Nadah El Shazly, DeForrest Brown Jr. (Speaker Music), Patrick Shiroishi e Lee Bains II.
In continuità con i dischi precedenti, “Shook” presenta dei testi elaborati che mettono al centro tematiche sociali, lotta alle disuguaglianze e sferzanti critiche alla globalizzazione e al capitalismo.
Dando per scontato che sul palco del Monk non avremmo visto gli ospiti citati ero troppo curioso di capire come avrebbero elaborato lo show, il secondo in Italia nel 2023 dopo la data del 24 ottobre all’ARCI Bellezza di Milano.
Senza neanche qualche secondo di riscaldamento, il carburatore a quattro corpi della macchina Algiers ha preso ad urlare come un tornado, succhiando benzina al ritmo di un litro ogni cinque battute.
Sebbene abbiano dovuto sacrificare alcuni dei loro pezzi più riusciti in studio, la band di Atlanta ha cercato di portare in scena un distillato della loro produzione più energica e rabbiosa, senza però rinunciare alle melodie soul, blues, gospel e hip hop.
In un’epoca devastata da guerre, pandemie e fondamentalismi, gli Algiers hanno portato in scena tutte le contraddizioni della società occidentale che non riesce (o non vuole) aprire gli occhi e stringere i pugni per lottare contro le ingiustizie. E lo hanno fatto con una tempra inaudita.
foto di Emanuela Vertolli