Classe ’90, da Bologna: Jacopo Ettorre, in arte Jacopo Et, ha alle spalle una fortunata carriera come autore. Ora ha però deciso di uscire allo scoperto, mettendoci la faccia.
Racconta il suo vissuto in pezzi in cui, effettivamente, si respira chiaramente l’immaginario a cui si ispira. L’ultimo, uscito da pochissimo, è “Golf”: nostalgia per la goliardica vita di provincia, accompagnata da un sound che ricorda inevitabilmente gli 883 e il pop italiano di quegli anni. Il tutto accompagnato da un’estetica cupa, horror, fumettistica, che rimane in testa tanto quanto le note delle sue canzoni.
Definisci il tuo progetto con l’espressione “il lato oscuro della provincia”, ed effettivamente dai tuoi pezzi si può respirare quel tipo di atmosfera. Quanto ha influito l’ambiente da cui vieni sul tuo lato artistico?
Ha influito tanto, sono cresciuto in posti semplici senza sovrastrutture di chissà che tipo e forse è stato davvero come vivere 10 anni indietro rispetto a certe città (per fortuna).
A San Ruffillo, la mia zona di Bologna, ci si trova ancora al bar di riferimento, il bar è il centro di tutto. A Ciciano (vicino a Siena), il paese di mia madre, quando avevo 13 anni non stavo su Instagram a farmi le seghe, stavamo da Carlo nella sua rimessa a pistolare i carburatori di vecchi motorini che avevamo raccattato per strada (io avevo un Dingo di Moto Guzzi che partiva solo in impennata, praticamente).
In generale c’era un senso di rispetto che mi sembra si sia perso e che forse in certe città non c’è mai stato. Adesso i ragazzini tra un po’ ti sputano perché tanto sanno che nella terra del buonismo gratuito un bello schiaffo a mano aperta non glielo puoi tirare…
Quello che ironicamente, e non, chiamo “il lato oscuro” in realtà riguarda più me che il contesto: nel 2016 ho cambiato totalmente vita e ho messo in discussione tutto, a partire dal mio rapporto con gli altri: ho scoperto che per stare bene ho bisogno di essere un po’ meno educato e un po’ più diretto, anche a costo di non piacere a nessuno.
Le copertine dei tuoi singoli sono molto belle e ricordano gli anni ’90 e i fumetti che si leggevano in quegli anni. Sei un appassionato di questo mondo?
Sì, anche se ormai il tempo per leggere Dylan Dog è praticamente nullo e a un’interrogazione in materia rischierei di non prendere neanche la sufficienza. Detto questo continuo ad avere un amore totale per quel genere di estetica, per me è imbattibile.
Ascoltando i tuoi pezzi non è facile affibbiarti un’etichetta: tu come definiresti il genere che fai?
Chiediamolo a Glenn McDonald di Spotify che mi sembra sul pezzo in materia. Le etichette sono roba da uffici stampa ragazzi, roba da chi non si sa fidare delle proprie orecchie per capire se un progetto gli piace o meno.
Però voglio fare uno sforzo: diciamo che visto che mi piace l’horror potrei essere It Pop… senza Pop però, solo It, come il pagliaccio.
È uscito da poco il tuo ultimo singolo, in cui canti “Sai quante ne ho passate sopra a una Golf?”. Ci puoi raccontare qualche aneddoto divertente a cui hai pensato mentre scrivevi la canzone?
Pensavo a quando sono arrivato a Salve, in Puglia, una sera da solo con una ruota a terra e una sospensione rotta, chiedendo aiuto a un vecchio seduto davanti alla porta, uno di quelli seduti sulla sedia rovesciata con i gomiti appoggiati sullo schienale.
Pensavo a quando ho chiamato un carro attrezzi alle 5 della mattina di un vecchio Capodanno, o a quando qualche mese fa mi sono ritrovato un mercoledì sera qualunque coi miei amici di sempre, in cinque sulla macchina, come i diciottenni senza futuro che siamo sempre stati.
E se non avessi avuto una Golf, quale auto avresti voluto come compagna di avventure? Puoi anche sognare in grande!
Adesso voglio comprare una moto in realtà, mi piace di brutto la BMW R75/5. Conoscendomi ci scriverò almeno un paio di canzoni.
Curiosità personale: in “Fuori” racconti di questa ragazza contesa fra te e un altro, e tu fai di tutto per conquistarla. Vale sempre la pena combattere così per un amore?
Mah, proprio tutto per conquistarla forse no. Diciamo che lei è stata una stronza che si è dimenticata presto di me, e il tizio con cui si vedeva poco dopo avermi mandato a spendere mi conosceva abbastanza bene (e voleva far finta di essersi dimenticato di me anche lui).
Solo che mentre le donne non si toccano mai, neanche coi fiori che provai a regalarle, tra uomini funziona diversamente…
Quali sono state le tue influenze musicali del passato e quali quelle attuali?
Di roba passata ho ascoltato e ascolto ancora tanto gli 883, i Lunapop, Rino Gaetano e anche parecchi della vecchia dance tipo Haddaway, i 2 Brothers on the 4th Floor e Molella.
Di roba nuova mi piacciono Perturbator, Kavinsky e quel genere di produttori per quanto riguarda il sound, a livello di parole e canzoni non mi dispiace la nuova scena cantautorale italiana – in quest’ultimo caso parlo però di quelli veri che hanno inventato questa nuova scena e non di tutta la vagonata di cloni che è uscita nell’ultimo anno (risparmio ulteriori approfondimenti per non andare sull’offensivo).
So che, oltre ad essere cantautore, hai anche una carriera come autore per altri artisti. Che differenza c’è, a livello emotivo e personale, tra i due percorsi? Metti il tuo vissuto anche nei pezzi che scrivi per gli altri?
Fare l’autore significa scrivere belle canzoni, a prescindere dalla storia che raccontano. Significa dare una mano a un progetto artistico, cercando di farlo crescere. È un lavoro vero, bisogna studiare, essere sempre aggiornati sulle classifiche e quant’altro.
Non mi piacciono i cantautori che danno i loro pezzi minori agli altri, mi sembra una presa in giro. Se domani dovessi lavorare con (faccio un nome a caso) Madonna mi sembra logico che non potrei darle un pezzo che ho scritto per me (ce la vedreste Madonna a cantare di quante ne ha passate sopra una Golf? Dai).
Il mio vissuto lo metto nel modo di pensare e approcciarmi alle canzoni, non devo per forza raccontare i cazzi miei a tutti.
Facci un nome di un artista italiano e uno straniero con cui ti piacerebbe collaborare, oppure per cui scriveresti volentieri una canzone. Ci puoi svelare qualcosa sui tuoi progetti per il futuro?
Di italiano Max Pezzali, di straniero Kavinsky anche se non so nemmeno dove sia finito. Per il futuro direi (spero) che usciranno parecchie canzoni, ne ho scritte diverse e penso sia arrivato il momento di farle sentire.
di Anna Signorelli