“It’s Alive” è la nuova rubrica mensile dedicata agli album dal vivo. Per la seconda puntata siamo tornati a Roma. Correva l’anno 2013 e quello dei Muse fu un concerto epico. Oggi è possibile riviverlo attraverso il disco e il film concerto che ne sono stati tratti.
Era un caldo e afoso pomeriggio di luglio del 2013 a Roma. Il concerto sarebbe cominciato alle 21, ma già dalle 14 sulle strade che portano al Foro Italico c’era un gran casino.
Dopo le consuete file per i controlli (l’obbligo del biglietto nominale e tutte le procedure che ne conseguono era allora ancora un miraggio) la folla del parterre riesce ad entrare.
Sapevamo già che questo sarebbe stato un concerto speciale. I Muse promuovevano The 2nd Law uscito nell’autunno dell’anno precedente. E grazie ad accurate strategie di marketing nell’estate 2013 l’attenzione era ancora alta.
Fin dal giugno del 2012 con il lancio di Survival come singolo – diventato poi brano ufficiale per i Giochi olimpici di Londra – la band di Teignmouth fa capire che sta per arrivare il degno erede dei due album precedenti: Black Holes and Revelations (2006) e The Resistance (2009).
Bisognerà però aspettare agosto per il lancio del primo singolo ufficiale – la sbalorditiva Madness – e l’annuncio dell’arrivo del nuovo album e la tracklist. Il 24 settembre rendono disponibile l’intero disco in streaming per pubblicarlo ufficialmente il 1 ottobre. Poi una serie di videoclip (Isolated System, Follow Me, Supremacy e Panic Station) ci accompagnano fino a maggio 2013.
Come dicevo: sapevamo già che avremmo assistito a qualcosa di unico e speciale.
Roma era caldissima quel pomeriggio e l’atmosfera ancora più calda. Da lì a qualche ora i Muse avrebbero suonato su un palco enorme che occupava da solo quasi metà del campo da gioco dello Stadio Olimpico. Una passerella arrivava quasi fino al dischetto centrale.
Nell’attesa, i messaggi sui maxi schermi ripetevano che ci sarebbero state delle riprese durante il concerto. Non ci abbiamo badato più di tanto pensando alle solite riprese per confezionare l’ennesimo videoclip con effetto “dal vivo”.
Mai avremmo potuto immaginare che tutto quello cui stavamo assistendo sarebbe finito in un film.
Già, perché stavolta non abbiamo solo un disco live, ma un vero e proprio film concerto che ha come protagonisti – oltre a Matthew Bellamy, Chris Wolstenholme, Dominic Howard e l’ormai collaboratore storico dei Muse Morgan Nicholls – anche altre 60.000 persone che riempiono come un uovo il campo da calcio e gli spalti dello stadio capitolino.
Il disco è uno dei migliori dischi live pubblicati nell’ultimo ventennio e non solo per l’esecuzione del gruppo che quel giorno era in forma come non mai. Ma anche per le tecniche di registrazione audio e per l’accurata post produzione: ex post riusciamo a godere di tutta la magia della serata in 13 brani per un’ora e 4 minuti.
Quello che veramente stupisce e che riesce a replicare l’epicità di quella serata è il film concerto, diretto da Matt Askem che già aveva collaborato con i Muse fin dai primi duemila e aveva immortalato per i posteri un altro grande live della band: Hullabaloo: Live at Le Zenith, Paris (2002).
Muse Live at Rome Olympic Stadium è stato il primo concerto in assoluto ad essere stato registrato nel formato 4K Ultra High Definition.
Il film dura un po’ più del disco ed include tutta la scaletta dalla intro – che precede l’esplosione iniziale a metà campo e che dà l’inizio ufficiale al concerto – con Supremacy e il “buonasera Roma” di Bellamy.
Due ore di show pieno di effetti speciali e piece teatrali con attori e ballerini, passeggiate nella pit zone con tanto di bandiera dell’Italia. Fino alla chiusura con Starlight (preceduta da un altro brano con alto livello di esplosivo all’interno: Uprising).
Un concerto, quello del 6 luglio del 2013 a Roma, che non ha bisogno di tante parole.
Basta guardarlo anche solo una volta per capire l’eccezionalità della serata. E per capire che i Muse sono una delle più grandi rock band contemporanee in attività, sia per il lavoro in studio sia per le loro performance live.
Se proprio devo fare le pulci a quella serata, mi è mancato l’ospite esterno. Pensateci: se quella sera ci fosse stato un The Edge per suonare Where The Streets Have No Name come nel 2010 a Glastonbury sarebbe stato forse troppo.