Live Report

Iperborea: il sogno lucido di Beatrice Antolini

Se cercate sonorità pop, con la cassa dritta, pochi accordi e ritornelli che arrivano entro i primi 40 secondi di una canzone e vi si piantano in testa per tutta la giornata, cari ascoltatori e ascoltatrici, il nuovo disco di Beatrice Antolini non fa per voi.

Se invece siete un po’ stufi dei tormentoni estivi, della musica usa e getta fatta con poco amore, e cercate invece sonorità, liriche e armonie che scavano nel profondo, Iperborea può fare al caso vostro.

Ma fermatevi un attimo e prima di premere play capiamo prima di chi stiamo parlando. 

Abbiamo incontrato l’artista bolognese nel quartiere romano di San Lorenzo, al Wishlist poco prima del Iperborea Release Party per parlarci un po’. Giusto due chiacchiere per conoscere un’artista consapevole delle sue capacità, la passione per il suo lavoro e la determinazione che l’ha spinta – in tutti questi anni – a non fermarsi mai e a non arrendersi alla finzione, alle debolezze e alla sciatteria che a volte si nasconde in un mondo effimero.

Sulla carta sapevamo di Beatrice Antolini quello che troviamo nella biografia dell’ufficio stampa: studia musica classica fin da bambina, si trasferisce a Bologna per studiare e scrivere musica, pubblica il suo primo album “Big Saloon” prodotto, registrato e arrangiato con le sue mani. Si fa notare. Poi ancora nuova musica con il secondo album “A due” (Urtovox Rec.) del 2008. Avvia collaborazioni importanti, si fa notare anche all’estero, vince premi. Nel 2011 pubblica “BioY” (Urtovox Rec.),album prodotto e suonato sempre da Beatrice Antonlini. Nei primi mesi del 2013 registra il quarto album “Vivid” (Qui Base Luna) pubblicato poi a maggio. Nel 2014 esce l’Ep “Beatitude” per La Tempesta Dischi.

Scrive, arrangia, produce e suona. Tanto. Suona dal vivo.

Senza stare qui ad elencare tutti i nomi degli artisti con cui ha condiviso un palco, ma per sbloccare un “ah ecco dove l’avevo vista!” basterà dire che ha fatto parte della band di Vasco Rossi per i tour del 2018 e 2019, poi l’abbiamo vista sul palco dell’Ariston per il Festival di Sanremo 2020 dirigendo l’orchestra durante Me Ne Frego di Achille Lauro. Inoltre, ha fatto parte del gruppo che ha accompagnato dal vivo Manuel Agnelli negli ultimi anni. Ma di questa parte della sua vita vuole parlare poco: “è un altro lavoro” ci dice, spiegando la netta differenza tra lavorare per altri, sul palco e in studio, e quello che Beatrice Antolini definisce la sua vera vita, il lavoro per cui ci ritroviamo qui a parlare. Senza rinnegare o minimizzare quanto fatto in questi anni con e per altri artisti.

Quindi rimaniamo su Iperborea che è il suo primo disco cantato in italiano: ci spiega che il contenuto del disco, le sue nove canzoni, contengono diversi elementi. Ne approfondiamo solo alcuni: il tempo è poco e le nostre domande indiscrete si frappongono tra un lungo viaggio in bus e la sua voglia di raggiungere gli altri musicisti che, mentre parla con noi, stanno montando l’attrezzatura sul palco.

Partiamo dalla critica alla tecnologia che è sempre più invadente e per questo dovremmo avere o meglio “cercare” una completezza interiore per difenderci dagli attacchi che subiamo tutti giorni dalla tecnologia. 

Ma Antolini non critica la tecnologia e le innovazioni scientifiche in quanto tali, anzi, ammette che ci sono molti aspetti positivi, come il pluralismo dell’informazione o la possibilità per gli artisti di potersi esprimersi in molti modi ma “stiamo affidando le nostre vite alla rete e se non ci fermiamo un attimo a riflettere, se non riusciamo a capire che a volte viviamo in una bolla è pericoloso, perché azzera la nostra capacità critica e non riusciamo più a distinguere la verità e annientiamo il pensiero critico”.

Quindi qual è la soluzione? Non possiamo parlare di soluzioni, puntualizza, anche perché se ci fosse una soluzione non sarebbe mai una sola.

Sicuramente è importante fermarsi un attimo e riflettere. In un modo che spinge sempre più verso l’iperattività, che tende alla distrazione e al presenzialismo, è importante invece rallentare, capirsi per capire meglio quello che c’è intorno. “Io sto bene perché mi sono presa quel tempo per studiare, e riflettere… questo mi ha permesso di lavorare con lucidità e rimanere nel mio sogno”.

Beatrice Antolini, la lucida sognatrice, l’artista competente e capace, esprime tutta la sua essenza durante il live dove, grazie anche alla sua band, mette insieme il nuovo disco, nella prima parte dello show, e canzoni della sua discografia precedente.

Il risultato è un live intenso, carico di passione e pathos, in cui tutti i musicisti sul palco sembrano non volersi fermare e il pubblico rimane incantato, trascinato nel sogno di Beatrice Antolini.

Di Damiano Sabuzi Giuliani

Foto di Giulio Paravani