In una fredda serata di dicembre incontriamo Dario Mangiaracina de La Rappresentante di Lista. È la serata dello showcase del loro nuovo album, ‘Go Go Diva’, ma nonostante la visibile emozione e la stanchezza del tour de force per la promozione ha risposto a qualche nostra domanda.
Un esordio brillante, coronato dal successo di critica e pubblico di “Bu Bu Sad”, ora un nuovo album, a tre anni di distanza. Premesso che non vi abbiamo mai persi di vista, nelle oltre 200 date live più quelle di Bu Bu Suite… Che cosa c’è in questo album?
In realtà per noi questo album è una tappa del nostro percorso: da quando eravamo in due a quando ci siamo moltiplicati, fino ad arrivare a sei oggi, dato che al live abbiamo anche un batterista.
È sempre difficile da questa parte capire cosa siamo diventati, non saprei dirti cosa c’è di nuovo. Sicuramente per la prima volta, prima di mettere in ordine le idee per questo album, ci siamo detti di parlare di noi. Di Dario e di Veronica in quanto persone, di quello che è il nostro rapporto, ma anche come singoli.
Ci siamo interrogati su cosa voglia dire alla fine del 2018 pubblicare un disco da parte di due trentenni. Ho ancora casa piena di foglietti in cui mi chiedevo perché dovevamo pubblicare un disco. Non abbiamo tutt’ora una risposta, ma gli interrogativi non ci hanno fatto desistere. Siamo molto fieri di questo lavoro. Adesso abbiamo bisogno del feedback del pubblico, non tanto per gratificazione, ma perché per noi il processo non finisce con l’uscita dell’album, anzi.
Nel disco ricorre molto spesso il tema della giovinezza, della maturazione, della crescita, del vedere i sogni trasformarsi e/o diventare realtà. La Rappresentante di Lista si sente in questa condizione? Siete di fronte ad un passaggio “generazionale”?
Sicuramente. Un amico mi ha citato ieri un anatema rom/sinti che dice “spero che tutti i tuoi desideri possano essere esauditi“. Ecco, questa è una maledizione. Fare un disco nuovo significa creare nuovi desideri. Ci siamo resi conto che nutrire desideri, più che esaudirli, è la chiave. Non vediamo l’ora di essere sommersi da cose che non conosciamo.
‘Go Go Diva’ ci racconta una storia. La storia di una donna, ancora una volta. Una donna potente, che si conosce e si autodetermina, istintiva. L’impressione è quella che cerchiate di scardinare o sovvertire la classica immagine della donna che soffre / attende / dipende, che troviamo nell’80% dei brani musicali.
Non cerchiamo di scardinarlo, lo vorremmo seppellire! Non perché vogliamo raccontare un’altra donna, o perché non esista quel tipo lì, ma è un problema di immaginario, di lessico usato dalla musica odierna. Crediamo sia necessario seguire questo percorso perché scrivere canzoni che attingono a un altro immaginario di donna significa fornire un esempio diverso a chi ci ascolta, magari alle ragazze, alle bambine. L’ambizione non è raccontare quello che esiste, ma raccontare quello che sarà. La nostra musica deve servire, se succederà poi non possiamo dirlo, a creare un altro reale. Le persone sono il lessico che usano, le parole e il modo di dirle ti formano. Scriviamo queste parole affinché le persone le possano usare. L’arte è mettere in circolo un nuovo immaginario.
C’è chi parla di funzione didattica dell’arte…
Didattico suona come impositivo, ma in un certo senso sì.
Avete scritto queste canzoni fra il 2016 e il 2018, periodo in cui è successo di tutto a livello sociopolitico. Anche dal punto di vista stilistico notiamo dei contenuti attuali, penso a “The Bomba”, che ha una connotazione quasi punk e un testo molto calato nella realtà.
Sì, abbiamo scritto quelle cose a mo’ di filastrocca, ne avremmo potuto aggiungere mille altre: la foresta amazzonica, la raccolta differenziata… Crediamo molto nel potere politico e nell’esempio che possiamo dare stando su un palco. ‘The Bomba’ fa chiaro riferimento alle politiche di Trump, alle migrazioni… Effettivamente ci serviva un brano che spezzasse in due la scaletta, anche tematicamente. Tutte le canzoni però hanno un significato politico in qualche modo. C’è sempre la comunità.
Parlaci di ‘Woow’, l’ultima canzone dell’album. Sembra essere un’epifania. Chiude la storia: è lì che troviamo una dimensione a due diversa, un incontro, un riconoscersi, una possibilità.
È anche l’ultimo brano che abbiamo scritto in ordine cronologico, è un po’ una finestra che si apre in un’altra stanza. Vi abbiamo raccontato di mille episodi, poi di colpo l’occhio cade su un’altra realtà. La prima ispirazione per questa canzone è stata un film, ‘The Danish Girl’, che parla di una coppia. Un amore che ci ha fatto piangere, che muta ma rimane. Da lì è nata la canzone, poi ci abbiamo messo dentro un sacco di noi.
Ed ecco qui, in breve, tutto quello che dovete sapere prima di ascoltare Go Go Diva. Il titolo, ispirato a Lady Godiva, che nel 900 scese in piazza usando il suo stesso corpo per protestare, vuole essere un invito a mettersi in gioco, a fare scelte con responsabilità. Le sonorità elettro-cantautorali sono una conferma, una bellissima conferma, arricchita da una band di grande valore. L’album ha una potenza unica, sensuale e dirompente. I testi ti fanno venire voglia di “drizzare le orecchie” per capirne di più, per carpirne ogni singola parola.
Senza indugi, siamo davanti ad uno dei migliori album di questo 2018, un’opera tutta da assaporare, parola per parola, accordo per accordo. Poesia & Rivoluzione.
di Veronica Boggini – foto di Mattia La Torre