Un disco molto atteso, un libro che racconta, e in qualche modo celebra, la storia di una delle band più importanti dell’underground italiano, un tour di rilevanza internazionale (ma per loro non è certo la prima volta) che arriverà fin nella lontana Cina.
Così si presenta “Different Times” il nuovo album dei Giardini di Mirò.
Uscito lo scorso 30 novembre per la 42 Records, “Different Times” vede anche il ritorno con i Giardini di Giacomo Fiorenza, produttore dei primi (indimenticabili) due album, Rise and Fall of Academic Drifting e Punk… Non Diet!.
Sono cambiati i tempi, cambiano le prospettive e gli spazi, nonché il raggio d’azione, e l’intento di “guardare oltre”, di ampliare i propri orizzonti è ben rappresentato anche dalla copertina del disco, un campo di calcio che potrebbe essere di una qualsiasi periferia di una qualsiasi delle nostre grandi città, ma che scopriamo poi essere sì in una periferia, ma di una città della Cina… (E in Cina i Giardini di Mirò arriveranno ad aprile, per un lungo tour organizzato anche grazie al supporto di Italian Music Export).
L’uscita del disco è stata anticipata non solo dal singolo omonimo (che ci ha fatto subito entrare nel mood di un ritorno in grande stile), ma anche dalla pubblicazione di un libro, “Different Times, la storia dei Giardini di Mirò” (Crac Edizioni), firmato da Marco Braggion e impreziosito dalla prefazione di Carlo Pastore.
Per quei pochi lettori che ancora non li conoscessero, ricordiamo che i Giardini, attivi dalla seconda metà degli anni ’90, hanno un nucleo storico invariato, Corrado Nuccini, Luca di Mira, Jukka ed Emanuele Reverberi, Mirko Venturelli. Alla batteria c’è ora Lorenzo Cattalani che da qualche tempo ha sostituito Francesco Donadello. Muovendosi tra post rock, psichedelia ed elettronica hanno firmato alcune delle pagine più belle e influenti della musica italiana dei nostri giorni. I Giardini vengono da Cavriago (Reggio Emilia) e grazie a loro (e agli Offlaga Disco Pax) abbiamo scoperto che il comune, dal 1917, ha un sindaco onorario che risponde al nome, nientemeno che, di Vladimir Lenin.
Tantissimi i dischi e i progetti collaterali che si sono susseguiti nei 18 anni che ci separano dal loro primo disco. Dischi e progetti che, non solo li hanno portati in giro per il mondo, ma che gli hanno permesso di collaborare con alcuni degli artisti più importanti della scena musicale internazionale, da Apparat agli Hood, da Sara Low a Paul Anderson e tanti tanti altri. E anche “Different Times” si arricchisce di una lunga serie di collaborazioni: Daniel O’Sullivan, Adele Nigro di Any Other, Glen Johnson dei Piano Magic. Tra tutti gli ospiti del disco però, non può che colpire la presenza di Robin Proper-Sheppard, ovvero il nume tutelare di due nomi tanto grandi quanto di nicchia di certo rock: Sophia e God Machine. La cosa bellissima è che il brano “Hold On” (impreziosito dalla voce e dal testo di Proper-Sheppard) suona perfettamente, e allo stesso tempo, come un suo e come un loro pezzo.
Abbiamo parlato di questa collaborazione (e di altro) con colui che, insieme al suo collega d’università Giuseppe Camuncoli (che ha poi seguito un’altra strada ed oggi è un noto fumettista), ha fondato la band: Corrado Nuccini è persona speciale, tra le più disponibili, belle, aperte e sincere che il panorama musicale mi abbia permesso di conoscere.
La prima cosa che mi viene da chiederti è, ovviamente, “ma come mai proprio la Cina”?
I Giardini di Mirò hanno una visione della musica non solo europeista, ma fin anche cosmopolita. Come attitudine siamo l’esatto contrario del local hero che vuole suonare in tutti i club e bar nel raggio di 25 km. Noi vogliamo suonare in tutti i club e bar in un raggio di 6.371 km (ho cercato su Google il raggio della terra!!). Poi in ottica di post rock sovranista andremo a fare i padroni a casa loro.
In questi anni di silenzio dei Giardini di Mirò, non solo tu non sei stato fermo, ma neanche gli altri membri della band lo hanno fatto. E ci sono stati casi in cui hai collaborato con alcuni di loro per dare vita a nuovi progetti musicali. Mi chiedevo: cos’è che fa scattare la molla di qualcosa che magari nasce dentro ai Giardini di Mirò, ma poi diventa del tutto indipendente? Puoi raccontarci un esempio di come nasce un nuovo progetto?
Come nasce? Nasce con un aggancio, come nasce una relazione, si parte con un messaggio, una telefonata, un post su Facebook, poi se sono rose… Non credo nella sacralità del gruppo. Fondamentalmente ognuno fa quello che vuole. I Giardini di Mirò per noi sono Disneyland, un posto dove andare a divertirsi. Anche se questa volta, prima di “Different Times”, abbiamo staccato la spina per troppo tempo, col rischio di perderci definitivamente. Questo fa dei Giardini 2018 un gruppo concentrato e determinato. Sai com’è? Abbiamo preso paura ed ogni tanto fa bene.
Un nuovo disco dei Giardini di Mirò mi piace pensarlo come una necessità. Mi spiego meglio: le vostre uscite non credo proprio siano legate a logiche di mercato. Il vostro lavoro non è mai stato “piegato” da esigenze commerciali. C’è qualcuno di voi che, magari in maniera particolare rispetto agli altri, “chiama tutti a raccolta” per lavorare a qualcosa di nuovo?
Penso di averti già in parte risposto prima. I Giardini non fanno dischi per farli, non abbiamo (nel bene e nel male) una visione calendarizzata dei nostri appuntamenti musicali. Il tour dei 15 anni di “Rise and Fall” ci ha aiutato a capire che volevamo fare musica nuova, così come la voglia di tornare a lavorare con Giacomo Fiorenza ed Emiliano Colasanti. Due persone che stimo molto e che hanno condiviso con noi tanti anni di musica e concerti. Nei Giardini di oggi ognuno ha un ruolo e credo che l’età e la presunta saggezza abbiano aiutato a far sì che ognuno si occupi di quello che sa fare meglio. Sono anche molto contento del ritorno in formazione di Mirko Venturelli. Lui ogni tanto soffre la vita in tour, però per questo disco ha deciso di esserci e per noi è stata una super notizia.
Quali sono per voi i “Different Times”? Qual è la genesi di questo titolo?
È il tempo che scorre ma non nel senso nostalgico del termine. È un manifesto di contemporaneità, il tempo avanzando costantemente è sempre attuale. Mi sembrava una buona metafora per la nostra storia musicale. In generale il tempo è un concetto poetico e gelido allo stesso tempo, dolce e severo, romantico e spietato.
È mai balenata l’idea di un disco dei Giardini di Mirò in italiano?
Mai, abbiamo fatto un solo pezzo in italiano che si chiama “Bufera” (insieme ad Angela Baraldi) in occasione del ventennale di Materiali Resistenti, all’epoca visto il tema (la Resistenza) scrivere in inglese sarebbe stato da cerebrolesi.
Per un certo periodo abbiamo pensato di provare a fare un tour con un bravo cantautore, una cosa tipo PFM e de André (giusto per volare bassi), ma poi non si è mai concretizzata l’opportunità giusta. Vallo a trovare un de André oggi…
A proposito di poeti… veniamo a Robin Proper-Sheppard (perché è lì che ti volevo portare…). Lo avete incontrato? Me lo immagino molto schivo. Soprattutto davanti ad argomenti come i God Machine…
È Jukka che ha i contatti con Robin. Io seguo di persona già tanti altri, da TSO, da Emidio Clementi ad Angela Baraldi, non posso essere sempre io… [ride]
Scherzi a parte no, non lo conosco, da quello che posso capire è una persona profonda e complessa, ma direi che ogni singola nota della sua carriera musicale, ogni singola parola lo possa confermare.
E per finire… toglimi una curiosità: ma Lenin a Cavriago c’è mai stato davvero???
Lenin in persona? Dubito.