A inizio luglio ha debuttato con il suo primo disco per Dischi Sotterranei.
Vipera, alterego di Caterina Dufi, ha di recente pubblicato Tentativo di volo: quattro tracce che compongono un intreccio di trame sonore e parole udite a mezzavoce, un disco senza genere ma con un’identità precisa.
Gioco borgesiano, di riflessi e di rimandi interni tra i testi, nella perfetta intercapedizione tra il sapienziale e la più becera quotidianità.
Il disco di Vipera è stato accompagnato da un cortometraggio:
Qual’è la connessione tra il tuo disco di debutto Tentativo di volo e il cortometraggio che hai realizzato?
Se si parla di connessioni tra disco e corto si può azzardare una e una sola definizione: un ritmo calcolato sul criterio del vedere.
Il filo portante di questo lavoro è stato la sinestesia.
Le immagini del corto arrivano come fossero evocate dai testi, dalle atmosfere sonore dei brani, quasi come un compimento che si è reso necessario.
Quando è stato realizzato il corto? Con quali professionisti (e non) hai collaborato per realizzarlo?
Il corto è stato ideato e realizzato a cavallo tra l’inverno e la primavera del 2021. L’idea è partita da un “gioco serio” di scrittura e simultanea creazione di un sistema-mondo fatto di oggetti, equilibri, ingranaggi.
Ci tengo a precisare che in questo lavoro tutto ciò che c’ è stato di professionale – o di agonistico, se volete, è stata la dedizione del nostro gruppo di lavoro. Per i “professionisti” nutro ad oggi una certa ritrosia, forse non mi suona bene- forse non capisco.
Insieme a me il mio compagno di lavoro, Federico Rizzo – artista dalle virtu’ incalcolabili. Con lui si è data la base di scrittura e costruzione delle scene. Andrea Tundo, terza forza, ha prestato i suoi talenti in qualità di aiuto-regista. Bruno Lame ha prestato le sue mani e il suo equilibrio per le riprese.
Enrica Marangio ha vestito gli interpreti coi costumi delle sue “Disgraziate”. Luisa Raheli ne ha seguito il montaggio. Oltre a Vipera e a Federico Rizzo (l’Alfiere), hanno permesso il Tentativo di Volo: Lavinia Miglietta (la Parca) ed Eleonora Ines Nitti Capone (la Sibilla).
Le ali sono state costruite nella fucina di mio padre, Damiano. Il trabattello è stato ideato e realizzato da Federico Rizzo, che per questo lavoro è andato ben oltre le leggi della fisica.
Io mi sono occupata di costruire le statuette che vedete nella prima scena, il lampadario di specchi è stato un lavoro comune mio e di Federico.
In che modo per te la musica è sia una vocazione che una condanna?
Nella musica mi ci sono ritrovata, sia nel senso stretto di “scoperta-involontaria” che nel senso di ri-trovarsi, scoprirsi nuovi, speculari e sconosciuti. Credo che il binomio vocazione-condanna descriva bene questo doppio senso estremo.
Come nasce il disco Tentativo di volo e cosa vuole raccontare?
Il disco nasce di lenta gestazione, quasi una richiesta storica del 2020, che è stato un anno fermo e a tratti inesistente per tanti. Tuttavia, non è questo un prodotto artistico derivato dalla situazione pandemica, oltre al volare si cerca di stare fuori dalla Storia e dalle storie.
Tentativo di Volo è stato registrato, prodotto e mixato tra i boschi di Avesa, a casa di Niccolò Cruciani (CRU, C+C=Maxigross), amico per affetto e per una certa attitudine musicale alla sperimentazione non convenzionale.
I testi dei brani – che più di un racconto sono o cercano di essere momenti reali – scaturiscono da “prese dirette” del quotidiano, indagini sulla potenza di certe piccole frasi-esortazioni (è chiaro che ci sai fare) che vengono fuori quando si parla e non si pensa più alla parola come atto estetico ma come parola che dice il vero.
Cosa ti ha lasciato Bologna a livello artistico?
Bologna è una città di grande bellezza, arrivare qui è stato un riscoprire un antico-rinnovato fatto di mattoni in cotto e prospettive da vertigine, ben lontano dalle pietre friabili del Salento dove sono cresciuta. Ancora non ho capito bene lo scotto da pagare per tutto questo, né i termini contrattuali tra me e la Felsinea.