A inizio giugno è uscito “La via di un pellegrino“, il suo secondo album solista.
Tobjah è il moniker di Tobia Poltronieri dei C+C=Maxigross e questo secondo lavoro segue il precedente Casa Finalmente del 2018. Il disco, fuori per l’etichetta indipendente TEGA e già anticipato dal singolo Nuova Stagione, è un cammino tortuoso tra luce e oscurità, dove attitudine dub, reminiscenze hip hop e atmosfere ambient incontrano la canzone contemporanea.
Un nuovo inizio.
In questa bellissima intervista abbiamo fatto qualche domanda a Tobjah riguardo il tempo che è passato dal suo album precedente, il Covid e i C+C=Maxigross. Ecco com’è andata!
In che modo “La via di un pellegrino” è il naturale proseguimento di “Casa Finalmente“?
Sento più appropriato dire che tra Casa, finalmente e La via di un pellegrino ci siano due dischi dei C+C=Maxigross (Deserto e Sale) e un disco strumentale a mio nome (Armonia creatrice).
Vedo ogni disco che realizzo, e ogni progetto di cui faccio parte, come tassello fondamentale per l’evoluzione del mio percorso artistico e personale.
Ogni disco è come un’istantanea del momento in cui è stato realizzato. E senza i dischi che ho elencato prima non sarei arrivato a questo ultimo lavoro. Chi sarà interessato, ascoltandoli potrà capire come sono arrivato a La via di un pellegrino partendo da Casa Finalmente.
Il tuo approccio alla composizione è cambiato dopo i periodi di quarantena e col Covid?
Nel 2019, dopo Deserto, ho sentito il bisogno di iniziare a lavorare con tecniche nuove che non avevo mai sperimentato, come l’utilizzo di campionamenti, tecnologie analogiche o digitali per modificare suoni e registrazioni (che siano nastri magnetici o software), batterie elettroniche e sintetizzatori.
Con la pandemia inevitabilmente per molti mesi non ho potuto vedere gli altri della banda e quindi ho proseguito l’approfondimento di queste tecniche “solitarie”, ma non credo che il Covid e le sue conseguenze mi abbiano direttamente influenzato.
Indirettamente sicuramente sì, ma a un livello generale: un amico musicista ha trovato le parole perfette per descrivere come mi sentivo (e mi sento tuttora): anche se la vita va avanti, la cicatrice rimane.
Quando hai un’idea, come capisci se è materiale buono per i C+C=Maxigross o per il tuo progetto solista?
Dal punto di vista di scrittura non faccio tante differenze, perché scrivo costantemente, senza pensare a dove finirà una canzone (o una musica). La differenza maggiore la fa il contesto: se in un dato periodo sto suonando con il gruppo, o c’è effettivamente bisogno di materiale per un progetto specifico, le canzoni confluiscono da quella parte, direi in maniera abbastanza naturale.
Sembrerà un po’ banale, ma sono le canzoni a scegliere dove andare. Io posso solo provare a veicolare un’emozione o un concetto, il resto non dipende da me.
A cosa fa riferimento il titolo “La via di un pellegrino“?
Se un forestiero mi chiede la strada, gliela indicherò usando parole. Ma egli non percorrerà quella strada che per il fatto di avere una ragione di recarsi in quel dato posto.
In che senso in questo disco hai cercato di fare qualcosa che non avevi mai fatto?
Avevo bisogno di prendermi i miei rischi da solo, senza intermediari tra me e l’ascoltatore, senza però fare un disco voce e chitarra. Ho sempre fatto dischi con gruppi, progetti collettivi, oppure, anche se da solista, suonando con altri musicisti e produttori.
Ho avuto la grande fortuna di fare queste bellissime e importantissime esperienze, ma avevo bisogno di capire veramente quali sono i miei limiti.
Con questo disco credo di averli capiti, e ora posso tornare a lavorare con altre persone con una nuova consapevolezza.