“Falliscono i locali” è il nuovo singolo dei The Heron Temple, uscito il giorno dell’Epifania, letteralmente il manifestarsi divino attraverso un segno.
Il recente ritorno ad un avvilente silenzio per chi fa della musica il proprio lavoro, come un fulmine a ciel sereno, ha rafforzato nei The Heron Temple il bisogno intimo di sfogarsi, di urlare che non si ha più la forza per ricominciare.
Falliscono i locali è un brano scritto molto prima di quanto il titolo potrebbe suggerire.
Eppure oggi, più che mai, trova un senso quasi profetico, nel percorso dei The Heron Temple. Il testo, scritto da Valerio e Vincent nel 2018 prendendo spunto da qualcosa che stava realmente accadendo nelle loro vite, assume tutt’altro significato e forma se rapportato a tutto ciò che il mondo intero ha vissuto sulla sua pelle negli ultimi due anni.
Là dove la poetica immaginaria e la realtà si scontrano, cancellando quella sottile linea temporale tra passato e presente, trova la sua Epifania Falliscono i locali.
Ecco cosa abbiamo chiesto loro a riguardo!
Che cosa volevate comunicare con il nuovo singolo “Falliscono i locali”?
Non vogliamo rimanere in silenzio, mentre continuano in ogni modo a zittire la musica. There is a light that never goes out.
Come avete preso la decisione di interrompere i concerti a inizio anno?
Con tranquillità e soddisfazione. No dai, avevamo annunciato tre concerti molto importanti, tra cui uno nella nostra città che si prospettava come una serata stupenda.
Come pensi che l’abbiamo presa? Abbiamo subito pensato a cosa fare, mentre smontavamo gli strumenti in sala prove.
L’uscita di Falliscono i locali non era programmata, ma avevamo bisogno di dar sfogo ai nostri pensieri.
Come è proseguito il vostro cammino dopo l’esperienza ad X-Factor?
Considerato che erano ormai 5 anni fa abbiamo pubblicato 5 singoli, attraversato anni di pandemia, suonato in giro per l’Italia ed a Londra, registrato un disco e cominciato a scrivere il prossimo, diremmo non male dai.
Siete ancora in contatto con Manuel Agnelli? Che ne pensate de “La profondità degli abissi”?
Apprezziamo tanto Manuel Agnelli per quello che ha dato e continua a dare alla musica italiana. Lo reputiamo nell’olimpo dei cantautori, capolavori come Hai paura del buio fanno parte del nostro background di scrittura.
Per quanto riguarda La profondità degli abissi siamo felici che abbia scelto Marc Bolan e la sua Cosmic Dancer come riferimento, piuttosto che altro. Perfetta come colonna sonora di Diabolik, il ladro invisibile!
È vero che in Italia c’è meno spazio per i progetto rock?
Considerando che ormai anche la trap, l’hip hop e molti generi musicalmente distanti stanno facendo rifiorire le chitarre elettriche e le batterie in 4/4, diremmo di no, anzi, c’è un’apertura mainstream abbastanza interessante.
Che cosa avete in serbo per i prossimi mesi?
Un altro singolo, un disco, un tour. Realisticamente, navighiamo a vista: metti caso che da domani si scopre che il virus si annida negli strumenti e noi musicisti dobbiamo bruciare tutto…!