Abbiamo incontrato gli Shkodra Elektronike, duo formato da Kole Laca (Il Teatro Degli Orrori) e dalla cantante Beatrice Gjergji.
Domanda banale, ma forse necessaria. Da non-italiani; perché in Italia si sta bene e perché si sta male?
Alla prima parte della domanda si può rispondere in maniera altrettanto banale: in Italia si sta bene per la cucina, il vino, la bellezza della sua natura e dei suoi centri pregni d’arte e storia.
La seconda parte della domanda necessita di una risposta più complessa.
Anzitutto, i “non-italiani” che vengono in Italia per le vacanze credo si trovino molto bene. Invece, per quanto riguarda noi immigrati, bisogna capire che tutti veniamo in Italia perché nei nostri paesi d’origine si sta peggio.
All’inizio credo che tutti proviamo gli stessi sentimenti contrastanti: da una parte la nostalgia per i paesi, i familiari e gli amici che abbiamo lasciato e dall’altra l’euforia di potenziali prospettive che prima sognavamo soltanto.
In questa fase tutti siamo pronti ad accettare qualsiasi condizione, o anche ricatto, pur di continuare a rimanere qui. Si potrebbe obiettare che chi finisce nei CPR ci vede un po’ meno prospettive, però in ogni caso nessuno è contento di essere rimpatriato.
Ad un certo punto iniziamo ad integrarci e a sentirci un po’ meno legati ai nostri paesi d’origine e un po’ più italiani. È qui che inizia lo scontento, lo stare male.
Da una parte perché per quanto uno si senta italiano allo stesso tempo percepisce che molti italiani non lo reputano tale. Dall’altra parte perché le prospettive continuano a rimanere solo dei potenziali e l’Italia non si rivela quel paese delle grandi opportunità che si può immaginare. Ma questo è un problema dell’Italia in generale e non c’entra tanto il fatto di essere italiani o meno. E non saremo certo noi immigrati a risolverlo!
Da dove nasce l’esigenza di creare un progetto del genere?
Io sono un musicista ed ho continuamente esigenze creative delle più svariate. Tra un po’, ad esempio, uscirò con un altro progetto che è tutt’altra roba!
Dopo aver suonato e collaborato negli anni con tanti gruppi e musicisti diversi, ad un certo punto ho voluto provare a riversare le mie varie esperienze nella tradizione musicale della mia città d’origine.
C’è qualcuno in Albania che non ha apprezzato il vostro lavoro?
Sicuramente ci sarà, ma per ora non ne sappiamo niente. D’altra parte, ancorché civilizzati, siamo sempre albanesi, perciò che ci provino a dircelo in faccia!
Vediamo che siete passati anche in televisione, com’è andata?
È stato strano, dato che non la guardiamo, ma Shkodra Elektronike sin dall’inizio ci porta verso direzioni inimmaginate.
Le trasmissioni a cui abbiamo partecipato (tutte albanesi) hanno dimostrato un sincero interesse per il nostro progetto e un sano orgoglio nel vederlo uscire dai confini nazionali.
Questa attenzione genuina, almeno per la nostra esperienza, ha fatto sì che certe realtà televisive si rivelassero meno il baraccone che ci aspettavamo e più uno spazio importante dove presentare la nostra musica
Sappiamo che non vivete nella stessa città, come lavorate?
Qui è la tecnologia digitale che ci viene in aiuto. In linea di massima, condividiamo costantemente tra di noi idee, file audio, sessioni di registrazione. Di prove ne abbiamo fatte talmente poche che messe tutte insieme non farebbero più di una settimana.
E adesso?
Che succede? Si chiedeva il poeta. E adesso aspetterò domani per avere nostalgia. Rispondeva il poeta. Quello vero!