Oggi siamo qui per presentarvi Rio Tommasino, artista romano classe 1985, che dallo scorso 2 aprile è in rotazione radiofonica con il suo ultimo singolo dal titolo “Sabato notte”.
Con questo nuovo pezzo, Rio Tommasino racconta un suo personale sabato notte che, nonostante un inizio d’impatto, viene descritto in maniera acritica, senza filtri e senza la pretesa di voler sembrare trasgressivo, ma che vuole far immedesimare un qualsiasi ventenne che si approcci al brano e abbia vissuto una storia come quella cantata dall’artista.
Lo abbiamo intervistato per conoscerlo meglio.
Partiamo con una presentazione di stampo classico: chi sei, da dove vieni, come descriveresti il tuo progetto artistico a chi ti scopre per la prima volta?
Mi chiamo Rio Tommasino e sono un cantautore romano di 35 anni , il mio progetto artistico mi piace immaginarlo come un insieme di arti varie.
Ho scritto le canzoni dell’EP 13.13 immaginando di essere un pittore, le ho suonate da musicista, le ho cantate cercando uno stile che mescolasse la melodia alla narrazione e da tutto questo mescolare è uscita fuori una massa informe di pensieri e note. Da lì ho cominciato a darci giù di scalpello come uno scultore.
Credo che questo in qualche modo si percepisca o quanto meno si intraveda: la storia la metabolizzi e la fai subito tua e riesci a metterla a fuoco un po’ come quando dai un colpo di panno ai tuoi occhiali appannati.
Essere visivo era la cosa che più mi premeva .
Parliamo un po’ del tuo background musicale: quali sono gli artisti che ti hanno maggiormente influenzato e quali sono state le esperienze maggiormente rilevanti nel corso della tua formazione?
Per quanto riguarda gli artisti che più mi influenzano è un segreto che mi porterò nella tomba. La vedo una cosa molto intima, come chiedere particolari sulla tua fidanzata. Poi altra cosa importante sono continuamente in rivoluzione, delle volte mi accorgo mentre scrivo che quell’atmosfera è ispirata da una canzone di dieci anni prima che nemmeno mi piaceva.
Per quanto riguarda l’esperienza, sicuramente i villaggi: ho lavorato tanto nelle strutture alberghiere e credo sia una scuola tanto dura quanto efficace .
Come dovrebbe essere secondo te un live perfetto?
Intanto dovrebbe esserci la gente cosa che ora purtroppo… ma questa è un’altra storia. In questo momento sono molto attratto dall’idea di un live intimo, tipo 50 persone tutte sedute intorno, niente palco, due chitarre e piano.
Sento molto la mancanza del pubblico vorrei sentirlo vicino e vedere in faccia tutti, ora credo che sia questa la mia idea di live perfetto .
Quali sono, secondo te, i pro e i contro della scena musicale in Italia?
Non credo ci siano pro e contro, la scena musicale italiana funziona bene, poi che sia pieno di sfigati che pensano sia figo sparare a zero su tutti è un altro discorso, ma quello è un problema loro non di chi fa musica o di chi l’ascolta.
Come è nata l’ispirazione per “Sabato notte” e qual’è la situazione ideale per ascoltare questo tuo pezzo?
In tutto l’EP il discorso ispirazione è relativo, tutto è stato molto ricercato.
Io volevo quell’atmosfera, volevo quel suono e quella voce, volevo fortemente quelle parole.
Sabato notte è uno dei quattro ritratti di 13.13, forse il ritratto più faticoso perché è un ritratto di me, ma non è un autoritratto in quanto racconta di un me ventenne che ormai non esiste più.
Questo parlare del passato in fase di scrittura mi ha aiutato a essere imparziale nel raccontarmi, ma quando ho cominciato a preparare l’interpretazione è stato un freno.
Alcune volte ripercorrere un pezzo di vita è difficile soprattutto se a quel pezzo di vita sono legati così tanti ricordi. Scrivere e cantare sono due cose molto diverse per me, riesco ad essere un osservatore cinico e distaccato mentre compongo, ma poi quando vado a cantare devo immergermi nella storia e quando la storia è la tue e ti tocca fare un bagno di ricordi le cose si complicano.
Oggi ascoltandola mi vengono in mente tutti quei ricordi e quella voce rotta esprime esattamente quel momento della mia vita quando avrei voluto vivere una notte senza un alba a porgli fine.
Per quanto riguarda il come e dove ascoltarla ho le idee chiarissime: in cuffia a manetta appena fa buio, camminando a passo lento, aggiungerei sull’Appia tra Re Di Roma e Furio Camillo (per i puristi che si vogliono immergere nella camminata dell’autore, ahaha).
Ci togli qualche curiosità sul tuo EP di prossima uscita?
Come detto prima il titola sarà 13.13, questo nome deriva da una serie di coincidenze alle quali mi sono dovuto arrendere: non sono particolarmente scaramantico, ma qualche volta mi piace rendere omaggio alla fortuna.
L’EP parla di normalità, o meglio parla di quanto possano essere diverse le normalità.
In Sabato notte parlo della normalità di un ventenne, nelle altre canzoni parlo dello stesso concetto visto da persone completamente diverse. Credo che sia questa la chiave di lettura, quello che è strano per noi e naturale per altri.
Tengo molto a questo tema, credo che sia affascinante, forse perché la mia normalità è stata sempre diversa da quella della maggior parte delle persone che incontravo.
Quelli bravi direbbero che ero una sorta di emarginato, tutti si riempiono la bocca con questa parola perché fa molto rock, io invece le cose le chiamo con il loro nome e dico tranquillamente che sono sempre stato un po’ sfigatello, capello lungo, maglia dei gruppi rock, chitarra sulla spalla… insomma il tipico che prendono in giro.
Dalla mia avevo la stazza fisica, quindi quantomeno me le sentivo dire alle spalle e non in faccia… alla fine questo te lo porti dentro e prima o poi lo butti dentro un disco quasi per togliertelo dalle spalle.
La normalità è la cosa più strana che esista!