“Autrement” è il secondo album del cantautore, attore e produttore torinese Nicolò Piccinni.
Pubblicato lo scorso ottobre da Indiependence, il nuovo album di Nicolò Piccinni si compone di sette brani che spaziano dal rock alla ballata popolare, dalla scuola cantautorale italiana al funk passando per il reggae e l’acid surf.
Abbiamo di recente incontrato Piccinni e gli abbiamo fatto qualche domanda sul nuovo lavoro.
“Autrement” è scritto, registrato e prodotto da te insieme agli Internauti, la tua band, ce li vuoi presentare?
Con piacere! In ordine sparso sono Michael Pusceddu al basso, Gabriele Prandi alle chitarre, Federico Bertaccini ai suoni e alle ambientazioni, Angelo “Errico Canta Male” Mossi ai synth e Francesco Cornaglia alla batteria. Francesco e Federico hanno anche curato la fase di registrazione e il mix, mentre Michele Nicolino si è occupato del master al MaM Recording Studio. Un team fantastico.
Cosa pensi dell’attuale panorama cantautorale italiano?
L’autore che amo di più da un po’ di anni a questa parte è Vasco Brondi. Il cantautorato indie è un po’ lontano dalle mie corde ma riconosco che ci sono figure interessanti. Tra gli indipendenti ci sono autori e autrici di grande valore. Penso a Liana Marino per esempio.
I testi dei tuoi brani spesso celano dei messaggi di tipo sociale; dal tuo punto di vista la musica deve necessariamente far riflettere?
Credo che debba emozionare. La musica ha un impatto fisico, sono onde sonore. La riflessione è un passaggio successivo, ma non credo ci debba essere necessariamente. Dipende da chi scrive, ma anche da chi ascolta.
Nella traccia numero 2, “L’Autocarro”, si parla della libertà di poter creare legami a prescindere dal sesso, dall’orientamento sessuale e dall’etnia; in Italia, a tuo parere, viviamo questo tipo di libertà? O ci sono ancora margini di miglioramento?
In Italia funziona molto bene il gioco di fare un passo avanti e due indietro, a volte anche cinque o sei. Il blocco del ddl Zan è stata la prova di quanto sia difficile agire concretamente per il bene dell’inclusione sociale. Ma ci sono moltissime persone stanche di questo gioco del passo indietro, e prima o poi mi auguro che non funzionerà più. L’autocarro che passa rumorosamente nella mia canzone rappresenta l’impossibilità di comunicare, un disturbo esterno ad una relazione che cerca di compiersi e che ci riuscirà malgrado le difficoltà.
Il singolo che ha anticipato l’uscita dell’album è “Un dono puro”, vuoi raccontarci che cos’è per te il dono puro?
Collegandomi alla domanda di prima, il “dono puro” è proprio quello status sociale che ti consente di giocare al passo avanti e due indietro. È il privilegio di decidere, spesso, di non fare nulla per chi lotta per i propri diritti, per chi cerca di superare conflitti e violenze di cui è vittima.
Il dono puro non è una scelta, non scegliamo in quale corpo nascere, in quale posizione sociale, in quale luogo geografico o in quale epoca.
Però chi è in una posizione privilegiata rispetto ad altre persone, può scegliere come usare quel “dono puro”. La dico banalmente, ma sarebbe molto utile se fosse usato per il bene della collettività e non solo per il proprio.
Nel video di “Un dono puro” l’ambientazione e il trucco riportano all’immaginario teatrale, l’intenzione di fondo è quella di far interagire i mondi, quello della musica e del teatro, ai quali ti senti di appartenere?
Per me le due dimensioni danzano spesso insieme. Il videoclip diretto dai T3 con la collaborazione fondamentale di Isabella Locurcio, attrice e regista teatrale, è stato proprio l’occasione di mettere in scena entrambi i mondi. Anche dal vivo, quando suono, percepisco (in)consciamente che il teatro è sempre presente.
Sogni nel cassetto?
Ti ringrazio per questa domanda, non so se sono ancora lì dentro, è un po’ di tempo che sto cercando la chiave per controllare, ma non la trovo. Mentre cerco sto facendo un sacco di cose interessanti però, album, spettacoli e concerti con persone che stimo e ammiro. Anche non dovessi trovare quella chiave, non è poi così male!