Dopo la pubblicazione in vinile, esce finalmente con distribuzione digitale Believe per Lost Generation Records, “Monochromatic”, il primo album dei Milano 84.
Da venerdì 1 ottobre 2021 su tutti gli store digitali è uscito il primo disco dei Milano 84.
Un disco che nasce dal desiderio e dalla curiosità di manipolare il sound degli anni ’80 con consapevolezza e leggerezza, la scelta audace di un duo che oscilla tra italodisco e synthpop con eleganza e groove.
Monochromatic dei Milano 84 vanta collaborazioni del calibro di Vincenzo Salvia (Stranger Things) e Fabio Liberatori (Dalla, Stadio), alternando le mille sfaccettature dei vocalist ai remix che miscelano il tutto con un tocco contemporaneo.
Abbiamo deciso di parlarne direttamente con loro due, Fabio Di Ranno (sceneggiatore di cinema e tv/autore/musicista) e Fabio Fraschini (musicista/bassista/producer).
Che cosa fa parte del mondo dei Milano 84 oltre la musica?
Fabio Di Ranno – La musica è sicuramente centrale ma sono davvero tanti gli interessi che insieme nutrono Milano 84: cinema, letteratura, serie tv, videogames, fumetti, design, fotografia, arte. Tutto questo confluisce nell’imaginario retro-future che è presente nelle nostre canzoni, l’obiettivo è dar vita e un pop che, partendo dai riferimenti 80s, suoni contemporaneo, riconoscibile e originale.
Qual è la vostra formazione musicale? Si può fare musica anche senza studiare?
Fabio Fraschini – Siamo dei pianisti autodidatti, io ho studiato in maniera più “ortodossa” il basso elettrico ma fondamentalmente siamo musicisti istintivi. I nostri pezzi nascono, quindi, in modo del tutto intuitivo, figli della musica che ascoltiamo e del desiderio di provare a tracciare un’impronta stilistica personale.
Quali sono le fasi del processo creativo che portano ad un vostro brano finito?
FD – Sinceramente non abbiamo un modo univoco di procedere: per quel che riguarda la fase compositiva, si parte a volte da una bass line, da una drum machine, altre dal pianoforte. Sviluppata l’idea armonica, ci concentriamo sulla melodia, ed è su questa che modelliamo il testo, prestando particolare attenzione alla metrica, al suono, alle immagini che vogliamo evocare. Quindi inizia il lavoro musicale vero e proprio: si suona e si arrangia. È in questa fase che – di solito – definiamo la struttura, scegliamo l’interprete, diamo la forma conclusiva alla canzone. Quando ne siamo convinti, si passa al missaggio, e infine al mastering. Ogni passaggio ha una sua forza creativa: scegliere un suono, un bpm, una voce a volte cambia completamente una canzone e l’impatto che ha su chi l’ascolta.
C’è qualcosa in particolare dei vostri ascolti recenti che vi ha influenzato?
FF – Ci sono delle cose dell’area “minimal techno” come i Golden Filter che ci piacciono molto. Siamo rimasti anche molto colpiti dai lavori di Electric Youth e da Trentemøller, in Italia su tutti Delta V e M!R!M.
Cosa consigliereste a chi ha un blocco creativo?
FD – Oddio, è qualcosa che in effetti non abbiamo mai sperimentato direttamente: di solito ci sembra di avere, semmai, poco tempo per riuscire a valorizzare al massimo le mille suggestioni che portano poi a far scaturire la scintilla, l’intuizione giusta per un nuovo pezzo. Però di una cosa siamo convinti: bisogna sapersi fermare quando è il momento. Per citare Voltaire, il meglio è nemico del bene.
E a chi non sopporta i synth?
FF – Di comprarsene uno e di scoprire quanto sia divertente e creativo provare a plasmare un suono girando manopole e spostando levette!