La nuova entrata femminile di Matilde Dischi torna in scena con un pop che mischia suoni elettronici e rimandi cantautorali. Il 20 marzo è uscito il suo nuovo singolo “Pianura Padana”, un brano che parla di provincialismo cittadino e di vecchie fotografie.
Miglio ha un’anima vintage in un’epoca digitale: noleggia ancora i film come ai tempi di Blockbuster, ascolta le canzoni alla radio e adora Jeff Buckley. Le dicono che nei suoi testi si trova un po’ di Vasco Brondi e nella sua frangetta un po’ di Motta, ma la verità è che Miglio fa qualcosa che al momento in Italia nessuna cantautrice fa.
Il suo è un pop istantaneo, ha un linguaggio diretto, che arriva dritto come un pugno nello stomaco.
Le sue canzoni raccontano storie ambientate in città metropolitane e nelle periferie industriali, storie che parlano di tecnologia, connessioni e amori che bruciano. Cresce ascoltando i grandi cantautori del passato e da loro impara le lezioni più importanti.
Dopo aver pubblicato due singoli, Gli uomini elettronici e Il bar sui binari, torna sulla scena musicale con un nuovo singolo. Pianura Padana è una canzone che racconta di Brescia, città in cui è nata e cresciuta, ci sono le sue contraddizioni, le sue idee sociali e quelle politiche. “Ci sono le mie paure di quel tempo vissuto, c’è l’amianto e poi c’è mio padre”, le chiedo appunto da chi ha ereditato il suo amore per la musica: “Ho iniziato a fare musica senza sceglierlo, è stata la cosa più naturale del mondo, non poteva essere diversamente”.
Quando hai capito che nella vita volevi fare musica?
L’ho sempre saputo. Inizialmente è stata una scelta naturale e inconsapevole. Poi ho riscelto la musica in maniera consapevole, superati i 20 anni, quando la vita mi ha portato a fare delle scelte. Lì ho capito che non potevo fare nient’altro se non questo.
Da chi hai ereditato l’amore per la chitarra?
Da mio padre. Per questo dico che la musica è sempre arrivata a me in modo naturale. Sono cresciuta in un ambiente in cui la musica c’è sempre stata. Mio padre era un musicista e all’età di circa 12 anni ho iniziato a suonare la sua chitarra.
Cosa ascolta Miglio quando è felice?
Sarò contradditoria volutamente. Quando sono felice ascolto Nick Drake.
E quando è triste?
Quando sono triste ascolto Felicità di Albano Carrisi.
Cosa c’è nella Pianura Padana che guardi dal finestrino?
Nella Pianura Padana c’è la mia vita, ci sono nata e cresciuta. Ho osservato nel tempo il luogo in cui ho vissuto.In questo brano racconto in tre minuti tutto quello che ci ho visto. Pianura Padana evoca tante immagini nella mia testa, ci sono momenti strettamente legati alla mia vita personale ed altri che invece rispecchiano le mie idee sociali e politiche.
Il video di Pianura Padana racconta di questo senso di solitudine anche in mezzo a tante persone, compari solo di sfuggita nelle riprese, come mai questa scelta?
In verità non amo particolarmente stare davanti alla telecamera ma sicuramente la mia presenza nei prossimi video sarà in prima persona. Per il video di Pianura Padana ho scelto il mio alter ego, una ragazza che si chiama Martina ed è stata molto brava. Io compaio in qualche scena della festa, in cucina, nella scena finale dove guido la macchina…
Brescia è la tua città d’origine, che rapporto hai con i paesaggi industriali?
Ho un rapporto abbastanza contradditorio con Brescia.
A volte la odio un po’. Ci sono giorni in cui mi angoscia e altri in cui riesco ad amarla. È una città che vive delle sue contraddizioni. Ho imparato con il tempo ad accettarlo e a prenderne il bello, quando arriva.
Tra dibattiti pubblici e dibattiti interiori, viene fuori anche la solitudine che ognuno di noi prova nonostante il fatto che siamo continuamente connessi.
Sì, questo è un concetto a cui sono particolarmente legata e che ho ribadito in modo molto diretto anche nel mio primo singolo Gli uomini elettronici uscito un anno e mezzo fa.
Siamo connessi costantemente, ci arrivano notizie last-minute, viviamo in una contemporaneità super veloce ma spesso ci sentiamo soli.
Ci sono i dibattiti, le persone parlano continuamente ma il più delle volte non ci sentiamo rappresentati, non ci sentiamo ascoltati, siamo effettivamente isolati in una solitudine latente.