Dall’8 ottobre è disponibile in rotazione radiofonica “Magma”, nuovo singolo di Matteo Maione pubblicato su tutte le piattaforme di streaming il 1° ottobre.
Cantare l’amore come qualcosa di primordiale che sta all’origine del tutto, disegnarlo come un flusso senza fine che ci avvolge dall’inizio del tempo: questo l’obiettivo di Matteo Maione con il suo terzo singolo, Magma.
Magma è un brano nato per raccontare l’amore, mistero assoluto della nostra vita, usando gli elementi della natura – l’acqua e il fuoco, le rocce e la terra, la lava e il vulcano – a simboleggiare in modo sensoriale, visivo e uditivo, l’eruzione di questo sentimento, la fuoriuscita di quell’ardente magma che altro non è che la nostra stessa esistenza.
Ecco cosa ci ha raccontato Matteo Maione!
Qual è la connessione tra il videoclip e il brano Ad un metro di distanza?
Il videoclip è stato un lavoro che è andato di pari passo con la musica: ho raccolto immagini dalla rete che potessero esprimere il più possibile la realtà di quello che abbiamo vissuto e che ancora stiamo vivendo.
La pandemia, la distanza tra le persone… Ho cercato di trasformare l’esperienza personale in una più generale, anzi in questo caso globale.
Così vediamo, in uno spazio chiuso, alcuni uomini e donne, con indosso delle mascherine rivolgersi direttamente allo spettatore, guardando in camera, uscendo ed entrando dal campo visivo di uno sfondo vuoto, coperto in alcuni momenti da un cellophane che sembra essere un ulteriore barriera, o interferenza, tra il mondo di quei personaggi e quello di chi li sta guardando.
Poi immagini di città deserte, strade, autostrade, parchi desolati, in cui la presenza umana è ormai scomparsa, assomigliando così a pianeti lontanissimi, disabitati e immobili. Infine un uomo in una stanza, solo, guarda fuori dalla finestra, forse è lui quello che ha visto, immaginato tutto ciò, senza poter far nulla, solo assistere, attonito e silenzioso.
Cosa ti è scattato e quando è successo che hai deciso di diventare a tutti gli effetti un cantautore?
La musica mi ha accompagnato durante tutta la mia vita, fin da bambino, quando suonando il pianoforte ho capito che avrei potuto esprimere le sensazioni e gli stati d’animo più profondi e nascosti. In seguito c’è stato l’amore per il cinema e la voglia di creare melodie che potessero essere un connubio armonico con le immagini.
Qualche anno fa ho sentito l’esigenza di raccontare le esperienze di una vita, trasformando l’esistenza stessa in una grande colonna sonora, in cui la musica fosse il cuore e le parole il racconto lucido di un presente senza tempo.
Ho deciso di esordire ora nel campo musicale perché ho sentito dentro di me di aver raggiunto la giusta maturità artistica per poter cominciare questa nuova avventura, mettendomi in gioco. Allo stesso tempo credo che bisogna sempre rischiare per le cose che ci interessano veramente, altrimenti il vero rischio è quello di perderle.
Perché hai scelto Ad un metro di distanza come tuo primo singolo?
Ho scelto questo brano come mio primo singolo per l’attualità del contenuto, per il coraggio di voler raccontare, a distanza di più un anno, quello che abbiamo vissuto e che ancora stiamo vivendo, la pandemia, la distanza dalle persone, ma anche il desiderio forte di allontanarsene, trasformando quella stessa distanza, fisica e temporale, in un messaggio di fiducia e aspettativa per il futuro.
Che tipo di feedback hai avuto per il tuo primo singolo? Si tratta ancora di un brano attuale nonostante la quarantena sia un ricordo molto lontano?
La risposta al brano è stata molto positiva finora. In realtà, Ad un metro di distanza parla della distanza intesa, metaforicamente, come barriera tra le persone, ma parla soprattutto dell’incapacità, dell’impossibilità, a volte, di relazionarsi con gli altri.
È una canzone nata durante il primo lockdown, in un mio personale momento di solitudine, paura, incredulità, impossibilità di fare previsioni sul futuro.
Ma è anche un brano che cerca una speranza per un ritorno alla normalità attraverso un messaggio di fiducia e aspettativa per il futuro.
Portaci all’interno di casa tua e della tua routine, ce la descrivi?
Cinque giorni alla settimana sono impegnato nel mio lavoro “ufficiale”, cioè l’insegnante di lingua italiana per stranieri migranti. In genere, torno verso le 16:30 a casa, poi faccio una lunga passeggiata per rilassarmi ascoltando musica.
Non sono un tipo molto casalingo, amo uscire proprio per trovare ispirazione da ciò che vedo o ascolto; quando sono a casa mi piace guardare un film o dedicarmi alla lettura e chiaramente alla scrittura di nuove canzoni.
Da cosa ti senti più distante?
Da tutto ciò che non mi dà gli stimoli necessari alla mia continua crescita spirituale, umana e artistica.