È uscito venerdì 6 ottobre 2023 su tutte le piattaforme digitali il disco di debutto di Martina Di Roma dal titolo “Invisible Pathways“.
Un nuovo e definitivo capitolo per Martina Di Roma, la cantautrice del milanese classe 1997, che qui mischia influenze jazz e un pop sofisticato e di respiro internazionale, un pianoforte complice e magnetico, e gli ultimi quattro anni della sua vita. Un disco intenso e personale, che diventa un’autobiografia musicale da cui diventa impossibile non lasciarsi assorbire.
Con lei abbiamo parlato di donne nel mondo della musica, della Milano che sa di musica e di ancora molto altro. Ecco com’è andata!
Pubblicare un primo disco è in qualche modo anche un profondo atto di coraggio. Com’è stato per te? Ti è costato fatica o imbarazzo?
Registrare un disco è estremamente faticoso ma ne vale la pena, trovare i musicisti, lo studio, registrare, il master, le foto, l’ufficio stampa e le uscite… Aiuto! Non ti prepara nessuno all’ondata di cose da fare, soprattutto da indipendente. Uscire con la mia musica però è stata una soddisfazione incredibile.
Cosa deve fare di più una donna per emergere nel mondo della musica?
Ci sono ancora tanti stereotipi da abbattere quindi bisogna mettere in chiaro da subito le cose come stanno: non siamo inferiori, ne meno preparate. Farsi rispettare e andare dritte con le proprie idee.
Milano, con i suoi ambienti come il Lume o la Corte dei Miracoli, ti ha favorito in qualche modo per conoscere gente con cui suonare?
Assolutamente si, sono luoghi essenziali per conoscere e sperimentare, preziosi punti di ritrovo per sentirsi parte di una comunità.
Ci riporti al periodo in cui hai registrato questo disco? Come ti sentivi?
Quanta agitazione ma anche quanta emozione! Settembre 2022 in provincia di Trento, abbiamo bevuto, mangiato, riso e suonato anche eh.
Chiaramente stress a livelli atomici, avevo il reflusso in fase acuta quindi la mia voce non era al top ma ho spaccato comunque. È stata un’esperienza meravigliosa che non vedo l’ora di ripetere, le dinamiche che si creano in studio sono uniche e l’atmosfera è magica, difficile da spiegare. Ricordi meravigliosi!
E hai voglia di raccontarci una chicca musicale e aneddotica sul disco che non hai ancora raccontato in nessun altra intervista?
Blurry, la quinta traccia del disco, ha un percorso così travagliato che quasi avevo deciso di eliminarla. Inizialmente il pezzo si chiamava Blurred, era completamente diverso da come è oggi, anche il testo era leggermente diverso.
Andando indietro nel tempo, 2020, iniziai a scrivere questo brano durante la pandemia: io registravo a casa con uno ”studio” super home made, sotto il letto a castello avevo appeso mille coperte e sistemato i cuscini per insonorizzarla e poi i musicisti me lo registravano a distanza. Non mi convinceva quindi ho continuato a lavorarci su, l’ho anche cantata live con altre sembianze ma non era una canzone che sentivo mia.
Ero talmente stufa e insoddisfatta che volevo cancellarla dalla mia memoria. Poi qualcosa è scattato, complici i Radiohead e Hayley Williams, ho iniziato ad avere delle idee nuove, ho aggiunto testo e sezioni al brano, cambiato titolo ed eccoci qui: ora è il mio pezzo preferito del disco.