È uscito venerdì 7 ottobre 2022 il nuovo album del cantautore romano ma milanese di adozione Luca Gemma.
Fantastiche visioni di Luca Gemma è uscito per Adesiva Discografica e si compone di 10 tracce, già anticipato dai singoli Sul precipizio e Né santo né killer.
Atmosfere crepuscolari, alternative pop che si nutre di canzone d’autore e influenze internazionali.
Benvenuti nel mondo sbilenco e visionario di Luca Gemma che non tarderete a riconoscere e ad accogliere.
Noi abbiamo avuto il piacere non solo di ascoltare il disco, ma anche di scambiare quattro chiacchiere con lui.
Che cosa ti ha lasciato di più, musicalmente e non musicalmente, la tua esperienza in Germania? C’è qualche influenza che possiamo rintracciare nel tuo ultimo album “Fantastiche visioni”?
Quando sono arrivato in Germania a fine anni ’70 alla Scuola Europea le ragazzine erano tutte innamorate di Elvis e i maschi avevano fratelli più grandi che suonavano hard rock e dopo poco il punk e la new wave si presero la scena e l’immaginario.
Noi passavamo un sacco di tempo nei negozi di dischi e in quelli di strumenti musicali e inoltre avevamo formato un collettivo che metteva i dischi alle feste e poi una band funk punk rock.
In più, noi italiani ascoltavamo i cantautori e molta musica black. Insomma c’era sempre un sacco di musica nelle nostre giornate. Io lì ho cominciato a scrivere canzoni, un po’ per mettermi al centro dell’attenzione e un po’ per infilarci dentro quell’inquietudine e quello spaesamento da giovane italiano in Germania.
Ti manca mai un’esperienza di “gruppo”, come quelle che hai avuto in passato, per esempio con i Rosso Maltese?
No, preferisco scrivere le canzoni da solo e poi lavorare con un produttore e con i musicisti in una fase successiva. Resta l’idea che in questa seconda fase io sono il cantante della band e non un cantautore con l’accompagnamento, per cui le canzoni stesse vengono rimesse in gioco.
Quanto c’è di te e tua storia personale nei tuoi brani? In sostanza, quanto “Fantastiche visioni” è un’autobiografia musicale?
Una canzone è un pezzo di realtà trasfigurata da una bugia e quando viene bene sembra più vera del vero, come succede con una poesia, un film o un racconto letterario, perché la realtà alla fine è sempre soggettiva e per metterla in una canzone ne prendi un pezzo, la smonti e la rimonti come ti pare, mettendoci dentro il tuo vissuto e la tua visione delle cose.
L’importante è avere qualcosa da raccontare. Per cui, certo, le “Fantastiche visioni” sono le mie e quindi sono io.
Che cosa è successo dalla pubblicazione di “La felicità di tutti”? Il titolo e il mood del disco erano forse più chiari?
Sappiamo tutti cos’è successo a livello planetario in questi ultimi anni e la pandemia credo non abbia lasciato indifferente nessuno. Ha toccato le relazioni umane e sociali, la sfera degli affetti personali e quella lavorativa e artistica. Quindi sì, questo disco è più scuro del precedente.
Di cosa senti la mancanza?
Di mio padre, che è mancato poco prima dell’uscita del disco.