Venerdì 18 febbraio 2022 è uscito “Voodo we do“, poi rilanciato dal video della traccia “Low Fi” a inizio maggio.
Vodoo We Do è il nuovo album della band Little Pony, fuori per Soundinside Records e in distribuzione Believe Digital.
Canzoni scritte in viaggio, riflessioni sulle ossessioni della modernità e le stregonerie da social… Un rito magico, potente come solo i bambini possono immaginare, per scacciare via il superfluo, il compulsivo, l’ostinata arroganza dell’omologazione coatta delle interazioni nelle piccole e grandi cose del quotidiano.
I Little Pony non fanno jazz, non fanno rock, non fanno hip hop né punk o spoken words su basi funk disco rap; i Little Pony sono fuori moda e fuori dal tempo.
Il disagio ha un suono ironico, cupo e rabbioso mentre balla: i Little Pony fanno Voodoo.
Ne abbiamo parlato direttamente con loro, ed ecco com’è andata!
È davvero difficile identificarvi come un gruppo italiano. Quali sono le vostre connessioni con l’estero?
Anzitutto Ryan, che è americano, di Minneapolis. Ma ovviamente non è solo nel suo essere nato negli Usa a darci questa influenza, ci viene naturale probabilmente per quelli che sono stati e sono tutt’ora i nostri ascolti musicali o le nostre esperienze. Diciamo che non siamo mai stati legati ad un sound “nostrano”, neanche se si parla di rock o pop.
Ma avete influenze italiche? E se sì, quali? Ascoltate tutti le stesse cose?
Beh, come detto prima, il nostro sound si allontana molto da quello italiano, ovviamente di ascolti ce ne sono, Afterhours, Marlene Kuntz, Subsonica, i nostri 99Posse, Almamegretta e 24 Grana, ma anche tanta altra roba italiana, che indubbiamente un poco dentro ti finisce, personalmente magari, ma che probabilmente in questo progetto non trova sfogo. Come background di ascolti c’è tanta roba in comune, ma il bello è colmare le differenze.
Vi ricordate come mai avete scelto di chiamarvi proprio “Little Pony“, come il fenomeno per bambini degli anni Novanta?
Sì, in effetti non ci siamo dati vita facile per i social.. in realtà il nome viene fuori da un vecchio uno dei primi brani che parla di un cavallino che, stufo della vita nel recinto insieme agli altri cavalli, decide di vivere la sua libertà, saltando la staccionata.
Little Horse, questo è il titolo del brano, vuole essere un esempio per tutti coloro sentano il bisogno di saltare la propria staccionata e andare oltre.
La produzione del disco è firmata proprio da voi. Come mai avete scelto di non affidarvi a qualcuno di esterno?
Voodoo We Do è un disco nato in viaggio, questi brani hanno preso forma durante i tanti tour fatti in giro per l’Italia e all’ estero, brani che alle volte scrivevamo durante i sound-check, che poi hanno preso lentamente forma. Una grande mano in fase di preproduzione in studio, durante le registrazioni, ce l’ha data Albino D’Amato degli Almamegretta ed in fase di mixaggio Nicola Tranquillo del Vssl Studio di Caserta. Ma come detto, questo disco è un viaggio, e come tale vuole arrivare alla gente.
E come ci raccontereste un vostro live, a noi che non vi abbiamo mai incrociato dal vivo?
Naif è l’aggettivo giusto. Ma quello che posso dirvi di concreto è che si balla e ci si muove da quando inizia a quando finisce. Ci si diverte tutti.